Arthur

Author: The_Dreamer / Etichette: ,

Arthur piange ancora.
E' estate, e nonostante il sole declini lentamente all'orizzonte, il suo calore ancora frusta le schiene dei braccianti che lavorano gomito a gomito con lui nei campi. Tra poco la giornata sarà finita, e gli uomini potranno tornare alle loro case, consumare un pò di cibo e magari riunirsi agli altri per una birra alla taverna giù in città. Momenti di riposo e allegria, insomma.
Ma Arthur piange.

Sono passati diversi giorni da quando Anna è partita. Arthur preferisce così. Preferisce pensare la sua Anna in viaggio per una terra lontana, con la sua famiglia, con il piccolo Jeremy in grembo, piuttosto che accettare la realtà. La realtà che vuole Anna seppellita al cimitero sulla collina, in una cassa di pino, perchè di più non ci si poteva permettere in famiglia e già bisogna ringraziare che non se la mangino i topi.
Arthur piange di più ogni volta che pensa ai topi.

Abita nella casa più lontana, quella costruita accanto al salice, giù vicino al fiume.E' buffo, eppure è in quei momenti che si sente meglio. Gli pare di sentire ancora Anna accanto, che gli racconta della sua giornata. Ha preso l'abitudine di chiedere “come è andata oggi?” quando la staccionata che circonda il campo finisce, così ha tempo per sentire cosa ha da raccontargli prima di arrivare alla porta.
Ovviamente sa che Anna non è lì per raccontargli alcunchè, ma parlare con I defunti, così gli ha detto il prete, è segno di grazia divina.
“Come è andata oggi?” chiede al vento.
“A me bene, ragazzo. Ma tu mi sembri un pò triste” risponde una voce.

Lo straniero indossa una maschera, una di quelle che si usano nei balli dei nobili, scintillante e levigata. Sembra sorridere a mezza bocca. Senza pensarci, Arthur risponde al sorriso della maschera.
“Ecco bravo. Così va meglio”
La voce è strana. Non è maschile, eppure nemmeno femminile. Arthur si sofferma un attimo sui vestiti e riconosce subito lo straniero come un saltimbanco. Vestiti viola e gialli difficilmente vanno a ruba tra soldati di ventura e contadini. Non sembra avere seni, ma ha un corpo affusolato, femminile, e un modo di muoversi esotico.
E' talmente assorto che non si accorge subito di cosa lo straniero gli stia porgendo.
Come risvgliandosi da un sogno, Arthur accetta il biglietto che gli sta porgendo il saltimbanco. E' una carta. E' un tarocco.
Alza la testa per chiedere, ma la maschera non c'è più. Appena un accenno di un sorriso a mezza bocca nelle spighe di grano del campo. Dissolto.

“Dovresti mangiare figliolo” lo incalza la madre “Sono ormai due giorni che non tocchi cibo. Mi chiedo persino come tu faccia a lavorare nel campo”.
Arthur vuole bene a sua madre, nonostante giù in paese tutti la accusino di essere una strega. Anche papà lo pensava. Ma papà adesso non c'è più.
Forse semplicemente è una donna, e una donna anziana, forte, che ha cresciuto tre figli nella sua vita. E conosce il dolore di Arthur più profondamente di quanto lui non pensi.
Ma in alcuni momenti, anche lui propende per l'idea del paese...quella della strega.
Come stasera.
“Vuoi farmi vedere il tarocco, figliolo?”
Ecco, adesso Arthur ha un pò paura. Quella paura sottile che ti striscia dentro la pelle, ti gela pian piano le ossa e ti fa sentire piccolo di fronte a un cosmo governato dal caos.
La mamma continua a guardarlo, gli occhi che indugiano sui suoi. Pare gli dica “Dammi il tarocco figliolo”.
E Arthur lo fa, più per paura che per amore materno.

“E' il bagatto” dice subito la madre. Non ha girato la carta. Non ha toccato la carta. Ma ha ragione.
“E' il bagatto” ripete mentre la gira. Arthur è quasi convinto che sia la prima volta che lo dice. O almeno vuole crederlo.
Sua madre lo guarda con una gran compassione negli occhi. Sa che lui non ha idea di cosa stia parlando. Prima ancora che apra bocca, la madre riprende.
“E'...un mago, figliolo. Un cartomante, un alchimista, in alcune terre li chiamano fachiri”
Gli sorride adesso, mentre lui inizia quasi inconsciamente a spiluccare un pò di pane.
“Un tempo si tenevano in gran considerazione. Gli si attribuivano poteri mistici, una grande saggezza e conoscenza del mondo”.
Arthur intanto ha aggredito la zuppa. Mangia di buona lena, due piatti, tre. Alla fine, stanco ma satollo, si adagia sulla sedia. Ha il dubbio che l'appetito non sia arrivato dal nulla, ma non vuole pensare male di sua madre.
Mentre lei riassetta pare pensosa. E spesso guarda Arthur corrucciata.
Lui e stanco, ma quella paura sottile torna a farsi sentire, giusto per un istante.
“C'è fiera stasera” dice lei, con un tono molto piatto “Perchè non ci vai?” e senza aggiungere altro gli mette una manciata di monete in mano.
Arthur è incerto...sono molti soldi e non possono permetterselo e poi...
”Vai” lo esorta lei come se intuisse I suoi pensieri.
E forse è proprio così.

E' una fiera, niente di più. Arthur è giovane, ma ne ha già viste parecchie. Tendoni colorati. Quelli che la mamma chiama “imbonitori” e da cui l'ha avvertito di stare lontano. Persone in maschera.
Maschere?
Arthur lo realizza troppo tardi, ma crede di aver visto lo straniero/straniera di qualche ora prima.
Ecco sì! E' lì, appoggiato/a ai sostegni di uno dei tendoni. Lui/Lei lo sta guardando. Sorride. Arthur non sa come ma sa che sorride DAVVERO.

“Ciao ragazzo” lo apostrofa lui/lei. Si sente un tono divertito nella voce. “Alla fine sei venuto”
“Venuto dove?” chiede Arthur “Non capisco”
“Ma qui. QUI no?” risponde la maschera. “Nella tua tasca”.
Sorpreso, lui rovista nella tasca e trova due cose che non dovrebbero esserci. Primo, I soldi, che aveva finto di dimenticare sul tavolo, a casa. Secondo, il tarocco, che era sicuro fosse rimasto a sua madre.
Alza lo sguardo e lui/lei è di nuovo sparita/o. Ma la maschera è rimasta. Una grossa maschera di tela cucita su un tendone. Chiara, in qualche modo levigata e luccicante. E con un mezzo sorriso.

Si sente smarrito. Un ragazzo a una fiera. Gli sembra anche che la gente sia sparita come per magia. Prima si sentivano risate e grida, imprecazioni e facezie. Adesso solo un alito di vento. E un profumo.
Anna.
Adesso torna la malinconia. E' quel momento...quella quiete prima della tempesta. Perchè sa che la tempesta arriverà. Sente già il bruciore delle lacrime sulla cima degli occhi. E sa che satanno come mari in tempesta.
Stringe con forza la mano a pugno, così sarà più facile resistere. Stringe il tarocco con tutte le forze.
E poi, cercando un punto da fissare a vuoto, per allontanare le lacrime salmastre, nota il cartello sopra il tendone.

E' un bagatto. Di sicuro è un bagatto. Se solo non avesse rovinato il tarocco un istante prima potrebbe persino confrontarli, ma è sicuro che siano identici.
“Si legge il futuro” recita il cartello “Un soldo a domanda”.
Infila la mano in tasca di nuovo e ne estrae una manciata di monete. Una, due, tre...diciannove.
Diciannove monete.
Diciannove.

Dentro l'aria è pesante e calda. L'odore di qualcosa (incenso? Forse sì...) gli dà alla testa. Ci sono tantissime pergamente appese nella tenda. Disegni di bestie mitologiche, scene della bibbia e quelli che crede siano grafici.
Arthur non si ferma a guardarli ma li registra a malapena, mentre cammina a passo svelto verso il basso tavolino che sta in fondo. Sa che c'è qualcuno seduto dall'altro lato, ma sospetta che le poche candele che ci sono lì siano sistemate apposta per non farlo vedere chiaramente.
Vede appena I vestiti. Indossa una tunica rossa. Vecchia, lacera, pare impolverata e unta, e in molti posti pare bruciata. L'uomo parla con una voce profonda, molto lentamente, come fanno gli anziani, ma il timbro è sicuro e deciso.
“Io sono Caleb” esordisce “mi devi un soldo”
“Ma non ho chiesto nulla!” replica Arthur
Ha il dubbio che l'uomo stia sorridendo. “Avresti comunque chiesto il mio nome”

Arthur sbatte la mano sul tavolino, con un pò troppa foga forse, e la ritira poi lasciando un soldo lì, luccicante alla luce delle candele. Sa che l'uomo lo sta guardando. Non il soldo, ma lui. E questo gli dà fiducia.
“Come posso dimenticare qualcosa? Come posso non soffrire?” chiede subito.
Il bagatto (perchè Arthur sa che di un bagatto non può che trattarsi) non dà alcun segno.
“La domanda che mi fai non ha nè una risposta univoca nè facile da comprendere” dice dopo un lasso di tempo che sembra un secolo.
L'aria pesante gli sta dando alla testa. Arthur si sente quasi male, ma non può andarsene senza sapere. Apre la mano e rovescia le restanti monete sul tavolo.

In un altro luogo, in un altro tempo, Madonna Morte guarda con insistenza il Destino, quel ridicolo ometto mascherato che pare sempre sorridere, finire di girare le carte.
Ci sono tutte ovviamente, se Destino ha mai avuto un pregio è quello di raccontare storie.
L'appeso, il ragazzo ovviamente.
Il bagatto, fin troppo facile.
La morte, Lei, ma quella stava all'inizio.
“Come finisce la tua storia?” chiede la Morte “Sono curiosa. Qual'è la risposta alla domanda del ragazzo?”
Il sorriso di Destino si allarga ancora di più sulla maschera.
“E' la domanda ad essere sbagliata, Madonna Morte” risponde il destino “Piuttosto dovrebbe chiedere a cosa serve soffrire”

FINE

5 commenti:

The_Dreamer ha detto...

Commenti a caldo.

Non sono soddisfatto...doveva essere il primo di una serie di racconti basati sui tarocchi ma non mi soddisfa.
E' VOLUTAMENTE lento, meccanico, ma proprio non mi è piaciuto come l'ho concluso

Anonimo ha detto...

Mi è piaciuto molto ma devo meditarci un pò su....

Zu

Matteo Piovanelli ha detto...

secondo me eri partito bene ma ti sei perso sul finale, dopo che arthur entra nella tenda. L'hai tipo chiusa un po' di fretta

Jager_Master ha detto...

concordo con Bov.
gran bella idea, lo puoi allungare sinceramente con poco, o cmq farne una seconda parte.

certo, la parte che dice bov devi metterla a posto cmq.

bravo poet. :)

Silvia ha detto...

il fatto che sia incappata per caso in questo blog,e nonostante tutto mi sia messa a leggere la storia fino in fondo (e non sono una che legge tutto,eh..) vuol dire che è davvero carino;bella la storia,"l'idea" e come è scritta. Il finale è da ripensarci,come ti han detto dalla tenda in poi.Non per altro,la chiusura "di botto" mi piace,ma dev'essere a effetto.. comunque mi è piaciuto,davvero!