Tic tic non ti fermare / [Lui e il flagello]

Author: Jager_Master / Etichette:


Passa un dito sul pad del portatile e il salvaschermo sparisce all'istante.
Nella stanza divampa all'istante una potente luce biancazzurra, lanciata nell'aria dal nuovo wallpaper raffigurante una spiaggia hawaiana.
Mentre si allaccia i due bottoni del pigiama non può non focalizzare come sia stridente e fastidioso avere il mare che campeggia in una stanza come la sua.
E' evidente che non c'entra un cazzo. Ancora in mutande e solo con la maglia del pigiama a maniche tirate su, si siede e apre prima firefox e poi un sito di sfondi gratis. Con la rotella passa 2/3 facciate di proposte oscene, dopodichè chiude tutto e imposta col tasto destro uno schermo totalmente nero.
Soddisfatto si rialza e sempre fissando lo schermo si infila i pantaloni e le pantofole.

Hawaii no, autocompatimento si, benvenuti.

Parentesi un attimo. Avete notato? E' tremendamente triste e per certi versi paradossale che uno scrittore si debba creare un mondo grigio per poi nutrirlo di grigiume per poi ancora poter scrivere almeno un grigiastro tenue. Non credete che sia la debolezza nella penna di chi come lui non ha il talento per poter scrivere quello che vuole quando e come vuole?
Ci vuole un'imboccata, uno stimolo, un aiuto esterno che colmi il buco talentuoso. E' sempre stato così, e all'alba delle 35 primavere rimane convinto che, almeno nel suo caso, sarà sempre così. E per certi versi un pò si compiace di questo un pò "difetto", un pò "mancanza", un pò "vezzo".
Inoltre, è anche paradossale che quello che riesca a scrivere sia solo una serie di senzazioni e momenti senza colore, perlopiù come detto, tendenti al grigio/nero. Soddisfazione, emozione positiva, realizzazione, umanità...sono tutti termini che non gli corrispondono. Sulla sua carta d'indentità ci sono ben altri nomi a cui risponde e questo è forse l'emblema vero di che persona sia diventata.
O di tutte quelle persone che non sia mai diventato.
Oscuro dentro, spesso apatico, sempre tendente all'autoflagellazione emotiva, sempre alla ricerca dell'autopunzecchiamento morale, al lamento, all'ossessione di essere solo un sacchetto di carta spazzato dal vento. Un sacchetto che nessuno guarda e che viene aspirato dal tombino di turno. Voilà.
Si sente emarginato, lasciato da parte, senza amici. Nessun volto a cui sorridere mentre cammina sul marciapiede, nemmeno nessun anziano che gli rivolge la parola alla posta niente.

Ma sono cazzate. In realtà non è in trance letteraria solo quando si mette davanti al pc e si autoinlfigge questi pensieri oscuri ed oscuranti: in verità è costantemente in questa trance, in questo limbo d'oblìo, come a dondolarsi in una voce cantilenata da una sirena. Ad occhi chiusi e a cuore stretto.
E la cosa incredibile è che lo è senza un valido motivo.
Un lavoro ce l'ha (collabora con un giornale locale scrivendo articoli sportivi di buona qualità e durante la fascia oraria 14-22 serve da mangiare in un locale); anche se non vive nel lusso può permettersi questo mini attico e un portatile, oltre a tanto caffè: cosa gli serve di più?
Ah certo, una vita sociale. Beh questa è proprio al minimo sindacale, in effetti: una birra al mercoledi sera appena finisce il turno, una pizza ogni tanto.
Niente vacanze: il mare gli fa letteralmente venire le bolle a causa di un'allergia alle alghe e ad una pelle sensibile ai raggi uva. Il più delle volte se ne sta a casa anche d'estate. Al massimo un pò al lago, ma verso sera.
Niente donne, chi se lo caga uno così? se lo chiede spesso. La risposta è sempre la stessa: nessuna.
Palle. In realtà (e lo sa anche lui) è una persona interessante e molto colta e per quanto l'incrociare uno sguardo femminile gli comporti senso di umidità nelle parti basse e rossore acceso sulle guance, niente gli è precluso a priori.
Lo sa anche lui (sotto sotto) che potrebbe sbloccarsi, potrebbe aprirsi nuove finestre che non siano quel muro grigio a cui rivolge lo sguardo quasi ogni notte.
La cosa incredibile (ma dovete capirlo o perlomento sforzatevi di farlo) è che questo mini mondo, per quanto raccapricciante sotto tutti gli aspetti umani, è una boccia di vetro senza neve in cui tutto funziona. In cui tutto va nel verso in cui lui voglia che vada: nessun problema a relazionarsi, nessuna persona con cui parlare per forza. Tanto vetro a proteggerlo e una casetta col camino finto a dare un tocco di falsa serenità.
Nessun sentimento da nascondere.
Nessun segreto che bussa alle orecchie e vuole essere buttato fuori perchè almeno ai migliori amici alcuni groppi devono essere sputati in faccia.
Nessuna paura di dire quello che si pensa o di urlare in faccia alla gente: sulle pagine bianche puoi dirgli AAAAAAAAARGH senza che l'ascoltatore ti rovesci la faccia con un pugno.
In mutande per casa e nessuno che ti guardi le gambe storte sporche di caffè che ti sei rovesciato addosso.
Nessuna remora, nessun blocco se non quelli mentali e lettarari (ma con loro c'è ben poco da fare. Ci si può attrezzare con l'autoflagellazione, ma di questo abbiamo già parlato).
Nessuno scheletro nell'armadio: qui puoi dire a tua madre che l'hai sempre considerata una fottuta alcolizzata fuori di testa.
Qui puoi raccontare la sega che ti sei tirato alle medie sotto il banco.
Qui puoi raccontare il motorino che hai rubato per riportarlo nel campo a fine giornata quando la miscela era finita. E puoi raccontare l'emozione segreta e morbosamente potente che hai provato nel guidarlo, tanto che avevi pure un'erezione incredibile.
Qui puoi raccontare i tuoi veri gusti, i tuoi difetti più inconfessabili, le tue voglie più recondite.
E poi cancellare tutto, o salvarlo. Dipende dall'umore.

Ma il più delle volte è la libertà che si è creato, la falsa libertà intellettuale in cui si crogiola a definire il grigiume dei sentimenti che vuole buttare fuori, come se di tutti gli altri e di tutti quelli che ha vissuto personalmente non gli importasse.
Eppure nella vita reale prova anche svariati sentimenti positivi, ad esempio quando la collega gli sfiora la mano quando gli passa i vassoi o quando riceve un complimento per un articolo ben riuscito o ancora quando parla mezz'ora di niente e di tutto con i pochi amici che ha al bar o quando il medico gli dice "tutto oK" e il partito per cui ha votato supera le previsioni dopo lo spoglio.

Niente.
Davanti a quel cazzo di computer è il livore e la rabbia repressa a fargli dire GRIGIO.
Da dove derivi questa cattiveria interiore, è un discorso lungo. Prima o poi ve ne parlerò a fondo, ma per ora sappiate che il fatto di prendere decine di delusioni amorose e centinaia di pugni in pancia (morali ma soprattutto veri, fisici) alle medie, ha avuto una certa importanza.
E poi l'eroina.
Ma piano, una cosa alla volta.


Sono le 02:12, e domani è un'altra domenica. Si prospetta l'ennesima notte all'insegna di caffè e bourbon nell'attesa di un vuoto weekend.
Perfetto, l'autoconvincimento è quasi al culmine. Non lo sapevate, ma lui ha pensato le stesse cose che vi ho detto fino ad ora, scavandosi nel cuore con un punteruolo mentre vagava per casa con aria apparentemente serena. Anche mentre si lavava il sedere e metteva a posto la cartellina degli articoli sportivi.
Ma cazzo, vi rendete conto?
Immaginate il suo stato d'animo, immaginate la solitudine che si è creato. Immaginate lo schifo.
Bravi.

Sorride.
Ora si può cominciare.

New page.

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gagjkupok
jovmow

Tic Tic non ti fermare / [Incompiutezza]

Author: Jager_Master / Etichette:


Raccontò dell'incompiutezza.

Raccontò a se stesso lo sdrucciolare del buco che aveva nello stomaco, descrisse a se stesso il nero di quella voragine, si disse finalmente a chiare lettere ciò che peraltro già sapeva su questo senso di vuoto che si portava dentro.

La difficoltà, come sempre, era quella di scrivere sullo schermo del suo portatile i colori e gli umori dell'animo: compito assai gramo e pretenzioso in generale, ma quando il sole lascia spazio e tempo alla notte, tutto è più facile.
Avete mai fatto caso a quanto siano più semplici e naturali i movimenti e i pensieri quando cala il buio? Quando la luce non c'è più e i contorni sono sfumati, non notate come l'uomo esca dal suo perimetro, dalla sua pelle, per sfogare ciò che durante il giorno non può fare e dire?
E' come se perdesse le briglie, come se potesse osare, come se la notte coprisse i dubbi e le maschere. E' questo il fascino di stare alzati quando il mondo dorme, è questo il fascino di tenere acceso un fuoco davanti ad una tenda: perchè così lo puoi VEDERE il buio, puoi vedere dove inizia, dove finisce, cosa ha dentro e cosa tiene fuori. I contorni non esistono, esiste la percezione personale di essi. Fantastico.
Puoi osservare il volto della persona vicino a te e la bellezza della luce che ha negli occhi quanto ti guarda, che quasi non osi guardare e devi abbassare la testa, e distinguere quella luce dalla semplice luce solare che durante il giorno rende tutti uguali.
Le persone brillano di luce propria al buio. Perlomeno...alcune.
E' sentirti immersi in una vasca d'acqua con boccaglio e mascherina: seduto sul fondo puoi osservare nel silenzio ovattato la trasparenza di ogni cosa, vedere come in questa realtà sia tutto ondeggiante, completamente diverso da quello che vedi quando sei al di fuori della vasca; analizzare con solo il tuo lento respiro quello che ora è diventato il mondo esterno. Ecco, al buio, una cosa simile.

Ora, davanti al suo computer, è ancora una volta un fiume in piena. L'orologio digitale rivela le 04:32, quello del computer 04:28. Poco cambia: è buio ed è questa la cosa più importante. Sapere che il mondo fuori dorme.
L'aria è fresca, nonostante le prime giornate primaverili scaldino le ore diurne, e la finestra rimane, per scelta, chiusa alla notte. Ma ormai le dita sono lanciate, ora osa, ora ha perso le briglie e la maschera, ora scrive a getto perchè raccontare dell'incompiutezza non può essere un progetto definito, può essere solo un casuale aggiungere parole una dietro l'altra sperando che il lettore (lettore? chi?) riesca anche solo a carpire un decimo di ciò che si voleva comunicare. Sarebbe già un buon successo.
Questo potenzialmente. Ma dato che il lettore e lo scrittore come sempre coincideranno, anche questa probabilità lascia il tempo che trova.
L'importante ora è approfittare del buio e sciogliere sulla tastiera ogni groppo congelato e raccontare questo buco interiore.

L'incompiutezza, si diceva.
Le dita si fermano, tolgono gli occhiali azzurri dal naso e con gesti lenti ed esperti puliscono le lenti con un panno grigio. E' stanco ma non toglie gli occhi dallo schermo e dalla barretta di word che lampeggia.

L'incompiutezza è un misto di altri sentimenti, focalizza. Ma questo già si sapeva.
Si rimette a scrivere, con la testa più china, lo sguardo serio e le sopracciglia curve a dargli un senso di profonda concentrazione.
E' sentirsi un vuoto dentro, senza sapere cosa sia stato tolto per crearlo. E' una mancanza precisa (perchè sai che c'è, che deve essere riempita) ed allo stesso tempo imprecisa (perchè non sai cosa cercare per rimpiazzare la mancanza e quanto di questo "boh" sia necessario).
E' guardare in faccia il collega di lavoro e leggerci un personaggio da serial tv, di quelli che riempiono la scrivania sempre con le stesse battute e la stessa cravatta. E sentire che non è di lui che hai bisogno.
E' osservare la preoccupazione della mamma e del vicino, capire che hanno reale bisogno di aiuto ma nonostante questo sapere che non è ciò di cui ti devi occupare. E sai anche che non è egoismo o mancanza di amore. E' incompiutezza di vita, della tua vita, che va riempita.
E' cercare fra i tubetti di colore un colore che non esiste. 8 tipi di verde, e non esiste quello che cerchi.
E' osservare il preciso ordine di vestiti nell'armadio, la camera pulita, i documenti di lavoro nel loro posto. Tutto perfetto, ma non è la perferzione che stai cercando.
Avere vaghi sentori di crateri nello stomaco, nella testa, sotto i piedi. Non sapere con cosa e con chi riempirli, avere nubi rosa e nere indistinte che non capisci cosa rappresentino.
Devi colmare ma con cosa? Devi provare, cambiare, capire, cercare. Ma chi?

E' dare un pugno al volante non perchè la coda non avanza, ma perchè anche nella strada sgombra hai un pensiero roteante che non vuole convergere al centro. Ci giri intorno, cerchi il bandolo della matassa ma ovunque ti fermi a raccogliere le idee hai sempre la sensazione di girare a vuoto o perdere addirittura alcuni metri di filo. E devi ricominciare.
Non ti ritrovi nella realtà, nel guidare una macchina, nel mettere il formaggio sui fusilli, nel guardare un inutile tg. Eppure la realtà è questa?
Ti tiri i capelli, lanci il cucchiaino del caffè nel lavello invece di posarlo. Stringi i lacci delle scarpe forte come stringi i denti, invece di lasciare il piede libero di ballare sulla suola, come ti piaceva una volta.
Ti ricordi le medie e vedi un altro io, pieno e consapevole. Pensi alle vacanze di 9 anni fa e vedi un io semplicemente compiuto (o meglio, non ancora incompiuto).
Non finisci un libro che sia uno, perchè nessuno racconta quello che vuoi, non affitti un film che sia uno, perchè nessuno proietta la tua vita.

E allora nei momenti di minor sconforto, negli attimi di razionale lucidità ci rifletti sopra.
E ipotizzi che l'incopiutezza sia il raccogliere idee a briciole per ricostruire la pagnotta di cui necessiti.
Ma non capisci che è una pagnotta perlomeno finchè non hai incollato la metà delle briciole una sull'altra, ed allora finalmente capirai che è una pagnotta di cui hai bisogno, nella tua mente prevedi come sarà quando avrai ultimato il cerca/incolla briciole.
E da quel momento lo sbuffare non c'è più (o almeno, non ne senti il peso), da lì è una corsa sempre più affannata perchè il nastro del "fine" è visibile a poche centinaia di metri.
Il buco, la voragine, si riempie di pezzi di pagnotta, e già capisci che sarà quel pezzo di pane (ultimato) a riempire al centimetro il buco nello stomaco. Si si, ne sei quasi sicuro. Ecco, la strada è questa, molli la zavorra e corri e corri e corri.
Assapori la senzazione di non avere più fame.
Pregusti le mani al cielo, ad occhi chiusi.
Pregusti l'aria pulita che entra nei polmoni e il senso di compiutezza.

Almeno per una parte di vita.


La mano coi crampi si ferma, toglie gli occhiali. Si stiracchia un pò.
Tirando la sedia indietro, si avvicina alla finestra osservando il nero del mondo esterno. Sono quasi le 6 di mattina e il senso dell'incompiutezza,
almeno in parte, almeno il suo, è raccontato.
Manca solo una precisazione.
Torna alla tastiera, sorseggia l'ultimo caffè tiepido e aggiunge le righe finali.


Attendere la compiutezza dell'incompiutezza è l'altro tassello difficile da vivere con serenità. La serenità è coltivarlo pian piano, accettare di aver trovato una seppur minima soluzione e vivere in essa, godendo dell'attesa e dell'arrivarci, più che l'anelare il solo obiettivo, spasmodicamente.
Giorno dopo giorno, colorare gli spazi vuoti, cercare le briciole, incollarle una sull'altra.

Squartare le interiora dell'incompiutezza e conoscerla come un'amante è il suo primo passo per la compiutezza.

Un sorso di caffè, schiocco delle labbra, si alza.
Albeggia, ma non se ne cura.
A schiena curva, firma un'altra notte insonne prima di chiudere il portatile con un clic.

...
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pk

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City of no night

Author: Matteo Piovanelli / Etichette:

Ain't no place i call home
'cos can't call home a place.


Strano come quella sera la radio sembrasse un diavoletto che sussurrava solo per lui, appollaiato dietro ad un suo orecchio. Il cielo si era rifiutato di piangergli addosso, nonostante la promessa fatta dalle nuvole del pomeriggio. Le uniche lacrime erano quelle al neon della strada, che gli entravano negli occhi contro ogni sua volontà.
Mani serrate nelle tasche, una sciarpa scura a parargli la bocca e sventolare sotto la nuca, cercava ostinato le ultime oasi d'ombra. Si rifiutava di credere che ovunque fosse arrivato qualcuno a puntare una lampada, quando non una telecamera. E se c'era un Dio, sapeva che quella sera lui voleva un posto dove il giorno artificiale non arrivasse, un posto dove non si sentisse sotto un riflettore.

And when we reached Heaven
we realized we longed for Hell.


Una sigaretta. Avrebbe bevuto bile per una sigaretta, una di quelle vere. Da quando vendevano solo più quelle che anticancro, aveva smesso di fumare. Perché era un ottimista, rispondeva a chi domandava. Poi neppure l'alcol aveva più avuto lo stesso sapore, quindi bere aveva perso di significato. I tempi delle droghe leggere eran passati da un pezzo, per di più. Risalivano ad un'epoca ed un luogo diversi.
Ecco un altro locale uguale al precedente, con davanti al buttafuori anonimo un'altra coda uguale alla precedente. Ogni stagione che passava le ragazze mostravano più pelle più abbronzata, i ragazzi vestivano con camicie più bianche e più fini, la musica che usciva dall'ingresso batteva più ritmata e meno suonata. Le parole erano estinte a causa della selezione naturale per idee sempre più semplici, e pareva nessuno le piangesse.

We went to shake hands with the stars
and called stupid those who stayed back.


Non c'erano loro, non c'era lei, non c'era lui. L'altro lui. Solo questo lui attraversava la strada immacolata, fissando davanti ai piedi alla ricerca di una cartaccia, un fazzoletto, un mozzicone, qualcosa che desse l'impressione di qualcuno che vivesse in quella città. Solo un fondo chiaro, dove neppure i suoi piedi lasciavano orme perché non erano riusciti a raccogliere polvere in nessuno dei passi passati.
In alto, voleva riuscire ad immaginare le stelle aliene di quel cielo, ma le insegne e le pubblicità erano troppo avvantaggiate nella lotta contro ogni sforzo dei suoi occhi. Non aveva mai davvero visto il colore del cielo, per colpa loro, luci così dense che giorno e notte perdevano significato.

And they laughed when we called 'em stupid
'cos they knew we were just to find another Sun.


Una ragazza corse ridendo fuori da un locale di sushi. Il pesce più fresco, pescato quel giorno. Tanto fresco da non sapere cosa fossero mari e oceani. Tac tac i tacchi della ragazza, sotto le calze che riflettevano i colori dei neon a tempo col ballare del piercing all'ombelico. Cric cric, la schiena di lui che si raddrizzava ad un impulso vanesio senza scopo.
Quando lei rideva era la cascata che inizia il ruscello al fronte del ghiacciaio, vero? Era solo lui che la voleva ricordare così, ma aveva bisogno delle parole per non perdere le immagini della memoria.

But we thought they were in jail
when the jail was all but there.


Il drone della polizia volava basso, e un'altra volta lui pensò si soffermasse sulla sua testa, e un'altra volta invece se ne andò indifferente. Un altro vicolo, un po' più stretto. Strade secondarie, e poi terziarie e poi... Ma non c'era nessuna via che sfuggisse a tutta quella luce, e lui avrebbe voluto ci fosse un sasso da raccogliere e tirare, per spegnere anche solo una di quelle lampade. E l'avrebbe raccolto ancora e lanciato di nuovo, fino a crearsi un posticino piccolo dove poter chiudere gli occhi ed avere l'impressione della notte, finalmente.

And here we are, dancing in the streets
of the city where night is no night.