Tic Tic non ti fermare / [Incompiutezza]

Author: Jager_Master / Etichette:


Raccontò dell'incompiutezza.

Raccontò a se stesso lo sdrucciolare del buco che aveva nello stomaco, descrisse a se stesso il nero di quella voragine, si disse finalmente a chiare lettere ciò che peraltro già sapeva su questo senso di vuoto che si portava dentro.

La difficoltà, come sempre, era quella di scrivere sullo schermo del suo portatile i colori e gli umori dell'animo: compito assai gramo e pretenzioso in generale, ma quando il sole lascia spazio e tempo alla notte, tutto è più facile.
Avete mai fatto caso a quanto siano più semplici e naturali i movimenti e i pensieri quando cala il buio? Quando la luce non c'è più e i contorni sono sfumati, non notate come l'uomo esca dal suo perimetro, dalla sua pelle, per sfogare ciò che durante il giorno non può fare e dire?
E' come se perdesse le briglie, come se potesse osare, come se la notte coprisse i dubbi e le maschere. E' questo il fascino di stare alzati quando il mondo dorme, è questo il fascino di tenere acceso un fuoco davanti ad una tenda: perchè così lo puoi VEDERE il buio, puoi vedere dove inizia, dove finisce, cosa ha dentro e cosa tiene fuori. I contorni non esistono, esiste la percezione personale di essi. Fantastico.
Puoi osservare il volto della persona vicino a te e la bellezza della luce che ha negli occhi quanto ti guarda, che quasi non osi guardare e devi abbassare la testa, e distinguere quella luce dalla semplice luce solare che durante il giorno rende tutti uguali.
Le persone brillano di luce propria al buio. Perlomeno...alcune.
E' sentirti immersi in una vasca d'acqua con boccaglio e mascherina: seduto sul fondo puoi osservare nel silenzio ovattato la trasparenza di ogni cosa, vedere come in questa realtà sia tutto ondeggiante, completamente diverso da quello che vedi quando sei al di fuori della vasca; analizzare con solo il tuo lento respiro quello che ora è diventato il mondo esterno. Ecco, al buio, una cosa simile.

Ora, davanti al suo computer, è ancora una volta un fiume in piena. L'orologio digitale rivela le 04:32, quello del computer 04:28. Poco cambia: è buio ed è questa la cosa più importante. Sapere che il mondo fuori dorme.
L'aria è fresca, nonostante le prime giornate primaverili scaldino le ore diurne, e la finestra rimane, per scelta, chiusa alla notte. Ma ormai le dita sono lanciate, ora osa, ora ha perso le briglie e la maschera, ora scrive a getto perchè raccontare dell'incompiutezza non può essere un progetto definito, può essere solo un casuale aggiungere parole una dietro l'altra sperando che il lettore (lettore? chi?) riesca anche solo a carpire un decimo di ciò che si voleva comunicare. Sarebbe già un buon successo.
Questo potenzialmente. Ma dato che il lettore e lo scrittore come sempre coincideranno, anche questa probabilità lascia il tempo che trova.
L'importante ora è approfittare del buio e sciogliere sulla tastiera ogni groppo congelato e raccontare questo buco interiore.

L'incompiutezza, si diceva.
Le dita si fermano, tolgono gli occhiali azzurri dal naso e con gesti lenti ed esperti puliscono le lenti con un panno grigio. E' stanco ma non toglie gli occhi dallo schermo e dalla barretta di word che lampeggia.

L'incompiutezza è un misto di altri sentimenti, focalizza. Ma questo già si sapeva.
Si rimette a scrivere, con la testa più china, lo sguardo serio e le sopracciglia curve a dargli un senso di profonda concentrazione.
E' sentirsi un vuoto dentro, senza sapere cosa sia stato tolto per crearlo. E' una mancanza precisa (perchè sai che c'è, che deve essere riempita) ed allo stesso tempo imprecisa (perchè non sai cosa cercare per rimpiazzare la mancanza e quanto di questo "boh" sia necessario).
E' guardare in faccia il collega di lavoro e leggerci un personaggio da serial tv, di quelli che riempiono la scrivania sempre con le stesse battute e la stessa cravatta. E sentire che non è di lui che hai bisogno.
E' osservare la preoccupazione della mamma e del vicino, capire che hanno reale bisogno di aiuto ma nonostante questo sapere che non è ciò di cui ti devi occupare. E sai anche che non è egoismo o mancanza di amore. E' incompiutezza di vita, della tua vita, che va riempita.
E' cercare fra i tubetti di colore un colore che non esiste. 8 tipi di verde, e non esiste quello che cerchi.
E' osservare il preciso ordine di vestiti nell'armadio, la camera pulita, i documenti di lavoro nel loro posto. Tutto perfetto, ma non è la perferzione che stai cercando.
Avere vaghi sentori di crateri nello stomaco, nella testa, sotto i piedi. Non sapere con cosa e con chi riempirli, avere nubi rosa e nere indistinte che non capisci cosa rappresentino.
Devi colmare ma con cosa? Devi provare, cambiare, capire, cercare. Ma chi?

E' dare un pugno al volante non perchè la coda non avanza, ma perchè anche nella strada sgombra hai un pensiero roteante che non vuole convergere al centro. Ci giri intorno, cerchi il bandolo della matassa ma ovunque ti fermi a raccogliere le idee hai sempre la sensazione di girare a vuoto o perdere addirittura alcuni metri di filo. E devi ricominciare.
Non ti ritrovi nella realtà, nel guidare una macchina, nel mettere il formaggio sui fusilli, nel guardare un inutile tg. Eppure la realtà è questa?
Ti tiri i capelli, lanci il cucchiaino del caffè nel lavello invece di posarlo. Stringi i lacci delle scarpe forte come stringi i denti, invece di lasciare il piede libero di ballare sulla suola, come ti piaceva una volta.
Ti ricordi le medie e vedi un altro io, pieno e consapevole. Pensi alle vacanze di 9 anni fa e vedi un io semplicemente compiuto (o meglio, non ancora incompiuto).
Non finisci un libro che sia uno, perchè nessuno racconta quello che vuoi, non affitti un film che sia uno, perchè nessuno proietta la tua vita.

E allora nei momenti di minor sconforto, negli attimi di razionale lucidità ci rifletti sopra.
E ipotizzi che l'incopiutezza sia il raccogliere idee a briciole per ricostruire la pagnotta di cui necessiti.
Ma non capisci che è una pagnotta perlomeno finchè non hai incollato la metà delle briciole una sull'altra, ed allora finalmente capirai che è una pagnotta di cui hai bisogno, nella tua mente prevedi come sarà quando avrai ultimato il cerca/incolla briciole.
E da quel momento lo sbuffare non c'è più (o almeno, non ne senti il peso), da lì è una corsa sempre più affannata perchè il nastro del "fine" è visibile a poche centinaia di metri.
Il buco, la voragine, si riempie di pezzi di pagnotta, e già capisci che sarà quel pezzo di pane (ultimato) a riempire al centimetro il buco nello stomaco. Si si, ne sei quasi sicuro. Ecco, la strada è questa, molli la zavorra e corri e corri e corri.
Assapori la senzazione di non avere più fame.
Pregusti le mani al cielo, ad occhi chiusi.
Pregusti l'aria pulita che entra nei polmoni e il senso di compiutezza.

Almeno per una parte di vita.


La mano coi crampi si ferma, toglie gli occhiali. Si stiracchia un pò.
Tirando la sedia indietro, si avvicina alla finestra osservando il nero del mondo esterno. Sono quasi le 6 di mattina e il senso dell'incompiutezza,
almeno in parte, almeno il suo, è raccontato.
Manca solo una precisazione.
Torna alla tastiera, sorseggia l'ultimo caffè tiepido e aggiunge le righe finali.


Attendere la compiutezza dell'incompiutezza è l'altro tassello difficile da vivere con serenità. La serenità è coltivarlo pian piano, accettare di aver trovato una seppur minima soluzione e vivere in essa, godendo dell'attesa e dell'arrivarci, più che l'anelare il solo obiettivo, spasmodicamente.
Giorno dopo giorno, colorare gli spazi vuoti, cercare le briciole, incollarle una sull'altra.

Squartare le interiora dell'incompiutezza e conoscerla come un'amante è il suo primo passo per la compiutezza.

Un sorso di caffè, schiocco delle labbra, si alza.
Albeggia, ma non se ne cura.
A schiena curva, firma un'altra notte insonne prima di chiudere il portatile con un clic.

...
.g
gsjgsooijg
pk

...f

2 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

"ora scrive a getto perchè raccontare dell'incompiutezza non può essere un progetto definito, può essere solo un casuale aggiungere parole una dietro l'altra"

finnegans wake
james joyce.

Nel senso, non credo ci siano scritte queste parole, ma è l'idea di fondo del romanzo.

Jager_Master ha detto...

davvero?