Le avventure di Alice: God save the Queen.

Author: Matteo Piovanelli / Etichette: ,


    Così riversò sulla piccola creatura tutti i suoi dilemmi, i suoi patemi, le sue sofferenze, sia quelle vere che quelle che si era creata da sè, e che quindi erano ancora più sentite.
    Come aveva odiato tutte le compagne di papà, alcune senza conoscerle, addirittura alcune senza mai volerle vedere. Come alla fine si era resa conto del perchè, una volta essere diventata una donna. Come la faceva sentire quando lui la guardava, ma vedendo solo una figlia. Come avrebbe voluto che lui la guardasse, come avrebbe voluto che le parlasse, come avrebbe voluto che la toccasse. Come invece parlava a questa nuova arrivata, come senza dubbio la guardava, come probabilmente la toccava, come questa sconosciuta ricambiava.
    A tratti si infervorava, ma per lo più manteneva un tono calmo, come se stesse parlando di qualcun altro, dei problemi si una sua amica.
    Dopo essere andata parecchio avanti con il suo monologo, iniziando a sentirsi pericolosamente lucida, incominciò a prepararsi una nuova canna, continuando a parlare sovrapensiero, e si rese conto di stare chiamando la chiocciola Signora Maggie, e di starle dando del lei. Questo era molto divertente, ma le sembrava anche del tutto naturale.


    «Ora mi berrei volentieri un caffè, o meglio un tè, Signora Maggie, ma fa davvero troppo caldo.»
    La Signora Maggie era sulla sua spalla che l'ascoltava annuendo. Indossava una giacca rossa leggera, che arrivava fino al piede. Tra le antenne portava un delizioso cappellino azzurro, decorato con un fiocco di raso di una tonalità un poco più scura, e con una delicata piuma bianca. Osservandola, ad Alice non venne in mente nessun animale che potesse avere piume così piccole, ma poi si ricordò che magari era di un bruco, e comunque sarebbe stato sgarbato chiedere, perchè se era un'imitazione, magari la Signora Maggie avrebbe potuto avere l'impressione che glielo avesse fatto notare apposta per qualche ragione derisoria borghese. La borsetta a quadri era proprio bella, e come tutte le borse a quadri delle signore quasi anziane ma ancora giovanili, pareva dovesse scoppiare da un momento all'altro, spargendo chissà quali meraviglie in ogni direzione pensabile.
    «Sai, hai ragione figliola. Ma comunque non è l'ora giusta per bersi il tè, che poi non mi dormi e ti vengono le occhiaie.»
    «Ma tanto domani non devo nè uscire, nè vedere nessuno di particolare, quindi posso anche permettermi di dormire poco.»
    «E cosa ne sai? Magari succede qualcosa che non ti aspetti, e poi rimpiangi di non avere dormito abbastanza del tuo sonno di bellezza.» Con quel suo tono scherzoso, la Signora Maggie era davvero incantevole.
    «Con quel suo tono scherzoso, Signora Maggie, lei è davvero incantevole.»
    La chiocciola scoppiò in una lieve risata contagiosa, e prendendo Alice a braccetto la accompagnò nella stanza del castello.


    Quando ebbero sbollito le risa, la Signora Maggie indicò ad Alice la campagna, dove fremeva l'attività delle operaie. Si aspettava che fossero più tranquille a quell'ora della notte, e perciò rimase un pochino a bocca aperta ad ammirare come una formica più grossa delle altre stesse correndo tutto intorno ad un gruppo di sue sorelle più piccole, che tirate e spinte stavano disponendosi su quattro righe molto ordinate.
    La Signora Maggie iniziò a scivolarle giù dalla spalla sul braccio, causandole una viscida sensazione di solletico.
    «Vieni giù Alice, seguimi.»
    «D'accordo Signora Maggie, dove andiamo?»
    «Vieni con me che andiamo a parlare con queste brave ragazze.»
    «Intende dire le formiche?»
    «Sì, certo. Vedi qualcun altro nella stanza?»
    Lievemente imbarazzata Alice si guardò intorno ridacchiando, poi si mise in ginocchio e lasciò che la chiocciola andasse sul bordo del terrario.
    «Ora mi raccomando mia cara, parla a voce bassa che le mie amiche sono piuttosto sensibili.»
    Piuttosto divertita, la ragazza portò la sua voce ad un sussuro.
    «Va bene.»
    Scivolando scompostamente sul bordo unto di vaselina, la Signora Maggie arrivò infine sulla terra della campagna. Borbottando tra sè, si smanacciò via la povere di dosso. Poi si avvicinò decisa e sorridente verso la formica più grande. Le due iniziarono a confabulare tra loro.
    Alice avvicinò il capo, per cercare di ascoltare, ma non riuscì a cogliere nulla oltre al tono della chiocciola che rassicurava l'altra. Ad un certo punto l'operaia gesticolò verso di lei indicandola e voltandosi subito a fissarla, imitata da una sorridente Signora Maggie, che prese a ridere quando vide l'imbarazzo dipinto sul volto della ragazza, che si sentiva scoperta in qualche atto poco gentile ed educato.
    Allontanandosi si sedette a braccia e gambe incrociate, alternando risatine sciocche ad espressioni corruciate. Entrambe queste esternazioni le sembravano via via le più adeguate, e perciò si susseguivano senza sosta nè ordine.


    Dopo centinaia di cambi di espressione, durante i quali Alice cercò, tra l'altro, di convincere un'ombra sul soffitto a spostarsi per far coincidere i suoi contorni con l'ombra del telaio della finestra (e per un attimo aveva avuto l'impressione di stare per riuscirci), la voce della Signora Maggie la richiamò verso la campagna con parole difficili da capire a causa della grande distanza che separava la loro fonte dalla loro foce.
    Gattonando la ragazza tornò dall'amica, che si scambiò un ultimo cenno di complicità con la formica, mettendole una mano incoraggiante e fiduciosa sulla spalla ed annuendo.
    Ricordandosi solo all'ultimo di sussurrare, Alice chiese: «Cosa succede qui?» ed il tono sinceramente ingenuo ed interessato avrebbe addolcito i caffè presi nella stanza per ore, se ci fossero state tazzine per raccoglierlo.
    «Le mie amiche vogliono parlarti, Alice.»
    «Oh, molto bene, alora credo che le ascolterò.»
    «Sì, sarebbe carino ed educato da parte tua.»
    «Grazie, infatti lo farò. Ed inoltre sono interessata a sapere cosa possono avere da dirmi le mie care formichine.»
    Facendosi ancora più vicina, la ragazza causò un attimo di caos tra le righe delle operaie, che iniziarono a sparpagliarsi. Solo l'intervento di quella più grande, che corse tutto intorno a perdifiato, riportò l'ordine, e Alice fu premiata dall'espressione infastidita di questa gigantessa tra le sue sorelle. Inoltre la Signora Maggie la rimproverò bonariamente:
    «Cerca di fare piano, figliola. Anche solo le ciocche dei tuoi capelli potrebbero fare molto male a queste piccoline.»
    Sinceramente dispiaciuta e preoccupata, fatto che si poteva vedere dal fatto che si stava mordendo un angolo del labbro inferiore, Alice chiese scusa.
    «Mi dispiace formichine. Non era mia intenzione di spaventarvi. Prego, ditemi quello che volete.»
    Annuendo ancora una volta alla chiocciola, l'operaia più grande si rivolse alle sue sorelle, imperiosa nella sua stazza davanti alla prima riga, e cominciò a gesticolare. Se stava anche parlando, la ragazza non lo sapeva, perchè non la poteva sentire. Sentì invece un flebile coro levarsi dalle altre, una sola voce che prese forma e forza, nel tono ritmato di tante voci piccole e sottili.
    «Ti salutiamo Portatrice-di-Vita. Ti salutiamo in nome della nostra nobile regina Deidre la fertile.»
    «Portatrice-di-Vita? Sarei io?»
    «Sì Alice,» le disse la Signora Maggie, «io no di certo.»
    «Grazie mille piccole amiche. Io contraccambio il più cordialmente possibile i saluti della regina.»
    Ignorando completamente lo scambio tra le due, le formiche continuarono.
    «Tu Portatrice-di-Vita ci doni lo zucchero con cui la nostra regina nutre sè stessa, per portare al mondo larve forti ed industriose. Tu ci doni le prede che permettono a noi sorelle operaie di avere la forza per sostenere il clan. Per questo noi ti siamo immensamente ed eternamente grate.»
    «Di niente, signore. Per me è un piacere.»
    Le operaie continuarono ancora senza dare credito alla risposta della ragazza. Questo fatto le diede un po' di prurito, ma si disse che probabilmente quelle bestioline avevano imparato il discorso a memoria, e non prevedevano uno scambi di battute.
    «Ma tu, Portatrice-di-Vita, sei anche Signora-della-Prigionia.»
    «Che cosa?»
    Offesa, Alice si scordò completamente di dovere parlare sottovoce. Non che avesse gridato, ma il suo tono normale era troppo per quei piccoli insetti, che si gettarono a terra coprendosi il capo con le zampette tremanti. Alcune iniziarono più rapidamente che potevano a scavare una buchetta in cui nascondersi. Quella che mantenne di più la calma fu quella grande: si gettò a terra come le altre, ma fu la prima a rialzarsi, e subito prese a correre da tutte le parti per recuperare il suo coro.
    Intanto la ragazza, appoggiando le mani sulla terra della campagna, si era sollevata a sedere, imbronciata e stizzita. La chiocciola cercò di calmarla.
    «Alice, Alice, Alice... Stai tranquilla per cortesia.»
    «Tranquilla?» disse l'altra ad alta voce. Poi tornò ad abbassare il tono, preoccupata per le formiche anche attraverso il velo ombroso della rabbia. «Tranquilla dice? Perchè dovrei stare tranquilla quando vengo insultata dalle creature a cui ho dato tutto?»
    «Oh, sono sicura che non volevano offenderti.»
    «Ha sentito anche lei che cosa dicevano.»
    «Sì. Beh, potresti almeno lasciarle finire, no? Cercare di sentire cosa intendono, farle spiegare, no?»
    Per nulla convinta Alice acconsentì. Tuttora arrabbiata, si chinò nuovamente sulla campagna. Le formiche erano di nuovo in ordine su quattro righe, ma meno numerose che in precedenza. Per questo, quando ripresero il loro coro, esso era molto meno intenso, tanto che la ragazza fu costretta ad avvicinarsi ulteriormente.
    La canzone era ripresa da pricipio: evidentemente non solo era un discorso imparato a memoria, ma le formiche non erano in grado di continuare dal punto in cui si erano interrotte. Fatto anche comprensibile, vista la gran paura che si erano prese e che le aveva decimate.
    «Ti salutiamo Portatrice-di-Vita. Ti salutiamo in nome della nostra nobile regina Deidre la fertile.
    Tu Portatrice-di-Vita ci doni lo zucchero con cui la nostra regina nutre sè stessa, per portare al mondo larve forti ed industriose. Tu ci doni le prede che permettono a noi sorelle operaie di avere la forza per sostenere il clan. Per questo noi ti siamo immensamente ed eternamente grate.»
    Visto che questa parte l'aveva già sentita, Alice cercò di coglierne la metrica, ma questa continuava a sfuggirle dalle orecchie, troppo aliena ed incostante per le sue orecchie viziate dagli strumenti degli uomini. Forse, dubitò per un momento, non stavano nemmeno cantando nella sua lingua.
    «Ma tu, Portatrice-di-Vita, sei anche Signora-della-Prigionia.»
    La ragazza non potè non farsi sfuggire un mezzo grugnito infastidito, sottolineato da uno sguardo severo della Signora Maggie, che fissandola con le braccia conserte bloccò sul nascere ogni possibile tentativo di protesta che stesse formandosi alla base sua mente.
    «Tu Signora-della-Prigionia avveleni le mura che circondano il nostro regno con la terra inscalabile. Tu ci costringi nei nostri confini, limitando lo sviluppo delle terre del popolo.»
    Era questo che faceva? No. Lei metteva la vaselina così le formiche non potevano invadere la casa, nè traferirsi abandonando il formicaio. Però dava loro tutto ciò di cui potessero avere bisogno nel formicaio, mantenendo il terreno della campagna e del castello umido al punto giusto, preparando ogni due giorni l'impasto di Bhatkar, dando loro gli insetti da mangiare quando ne catturava. Grazie a lei, loro non avevano conosciuto l'inverno, ed erano prosperate da un anno a quella parte senza la più minima preoccupazione.
    «La nostra regina ti chiede perchè, Portatrice-di-Vita, tu sei Signora-della-Prigionia. Noi ti adoriamo e temiamo, grande Madre, e ti chiediamo di concedere alle tue figlie il dono della libertà, se questo non è troppo, perchè il regno che ci hai donato, per quanto vasto, non sazia la nostra fame del mondo.»
    Stupefatta, ed ormai completamente dimentica di essere arrabbiata con le abitanti del formicaio, Alice si sedetta con un espressione persa, dichiarando: «Oh, merda.»
    Dopo pochi attimi la Signora Maggie la chiamò dalla campagna. Gettando lo sguardo la ragazza vide che stava dicendo qualcosa all'operaia che aveva diretto il coro. Poi si voltò verso di lei e le fece cenno di avvicinarsi per ascolatarla.
    «Ragazza, prendimi in braccio, perchè da sola, alla mia età, non riesco a scalare questa parete tutta unta.»
    «Certo Signora Maggie.»
    Lasciando che la chiocciola le salisse sulla mano, solleticandole viscidamente le dita, Alice continuò: «Ha avuto ragione a volere che ascoltassi.»
    «Vedi. Lo sapevo.»
    «Però prima mi hanno fatto proprio arrabbiare.»
    «Non ti preoccupare, capisco che ti possa essere offesa.»
    «E ora cosa dovrei fare?»
    «Ah, questo non posso dirtelo io, ragazza. Devi pensarci e rifletterci su te, e capire cosa è meglio, prima di prendere una decisione.»
    «Ci penserò, allora.»
    «Brava figliola. Ora puoi lasciarmi giù, se vuoi. Le ragazze, lì, hanno una conzone per te, ceh avevano preparato rappacificarti nel caso fossi ancora arrabbiata. Cosa ne dici di ascoltarla?»
    «Oh, sì, molto volentieri. La ascolta con me?»
    «No, grazie. Io ora andrò a dormire. Non ho più l'età per restare alzata così tardi.»
    «Buona notte allora, Signora Maggie.»
    «Buona notte Alice, e arrivederci.»


    E così l'anziana e pimpante chiocciola scese dalla mano e se ne andò, uscendo dalla finestra sul balcone, e portando con sè tutte le magiche sorprese che potevano essere nascoste nella sua unica borsa a quadri.
    Alice, intanto, si era riavvicinata sorridente alla campagna, un po' dispiaciuta per essere stata arrabbiata con il coro. Le formiche ora erano molto più numerose, e quando fu vicina si inchinarono tutte. Lei si trattenne dal ridere per la bellezza della scena, perchè non voleva che le sue risate causassero qualche danno alle fragili creaturine, ma si ripromise di conservare quell'immagine e riderne poi più tardi.
    Raggruppandosi ben strette, le operaie cominciarono la loro canzone, che la ragazza poi non ricordò bene, ma che sapeva essere molto dolce, e molto bella, anche se probabilmente non aveva molto senso. Oppure il senso c'era, ma era una cosa per formiche che Alice non sapeva se era stata in grado di cogliere, anche perchè era più un'idea che altro, e quindi non la si poteva raccontare e descrivere con le parole.

7 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

seconda parte.

primo sogno.

si cade nel delirante ed onirico, urrà.

il resto arriverà dalla prossima settimana, perchè sto weekend sono al mare che sistemo il campeggio, e perchè tanto vi ci vorrà comunque troppo a leggere fino in fondo.

Jager_Master ha detto...

C'è anche un messaggio sociale contro l'uso delle droghe o sbaglio?

Tipo: "se le formiche ti parlano, non era maria era bitume"
O roba del genere...?

Matteo Piovanelli ha detto...

no

Jager_Master ha detto...

allora non ho capito di cosa parla la storia. ero concentrato sulle canne e mi sono perso il resto.

Devo rileggere.

Matteo Piovanelli ha detto...

... no, cioè, su tutto quello che c'è, tu sulle canne ti concentri?

...

hai dei problemi...

Jager_Master ha detto...

è che l'incesto mi fa un pò schifo. le formiche puzzano. gli insetti (in generale) mi danno sui nervi.

pesco quello che c'è.

cmq sto scherzando.

Matteo Piovanelli ha detto...

quindi l'incesto ti piace?

avviso edo?