Le avventure di Alice: un sereno epilogo.

Author: Matteo Piovanelli / Etichette: ,


    Nel frattempo Sean attirò l'attenzione di Alice verso un pomodoro che aveva fatto rotolare spingendolo fino a lì, sicuramente quello per cui gli altri due stavano litigando. Era un frutto (o una verdura) non ancora maturo, e perciò verde e duro, e non si era minimamente rovinato nel venire usato come proiettile.
    Sempre ridendo sotto i baffi, che peraltro non aveva, il ragno spiegò:
    «Quello» ed indicò Walter, che proprio in quel momento stava passando a mezz'aria sopra la schiena dell'orso che era appena inciampato in una radice, «non riesce a distinguere i colori, e perciò gli va qualcosa che gli faccia da, diciamo, "esempio di rosso". Così Vin gli ha consigliato un pomodoro, ma l'altro che ha fatto? Ha pensato "meglio prenderne uno che mi duri a lungo, così spendo meno di frequente" ed è andato a comprarne uno non ancora maturo. Vin, vedendo la cazzata, ha preferito non dirgli niente, e farsi due risate alle sue spalle, così Walter se ne sta andando in giro da giorni scambiando verde per rosso.»
    Questa doveva essere una cosa che Sean trovava divertente, così ad Alice parve educato ridere con lui, anche se pensava che un poco la condizione del lupo fosse triste, anche se non capiva perchè. Senza pensarci granchè, si trovò a raccogliere il pomodoro ed infilarselo in tasca, sperando sotto sotto di poterlo ridare a Walter partecipando così al gioco di prenderlo in giro in modo da capire cosa lo rendesse divertente.
    «Ma comunque com'è che quei due si conoscono?» Chiese la ragazza.
    «Sai com'è», le iniziò a rispondere la signora Maggie, «con questi cavolo di borghesotti. Si mettono in testa di dovere convertire tutti ai loro presunti ideali, e così uno schifoso sfruttatore come Walter comincia a puntare un tranquillo orso, mendicante per scelta di vita, cercando di convincerlo a cambiare, per farne una sorta di esempio tra i non borghesi, e per potersi vantare delle sue capacità persuasive con gli amici del poker.»
    Intanto Vin, messo alle strette, aveva cominciato ad arrampicarsi su una acacia accanto alla betulla a cui era appoggiato poco prima. Il povero alberello dopo pochissimo prese a piegarsi sotto il peso dell'animale, e Alice pensò che non avrebbe potuto reggere. Poi l'orso si arrampicò un po' più in su, e l'albero si piegò maggiormente, e la ragazza non credeva che potesse reggere ancora. Ma Vin si sollevò ancora più in alto, piegando molto l'acacia, e a questo punto Alice si stava convincendo che nulla potesse spezzare l'elastica pianta. Fu proprio quando questo pensiero le attraversò la testa che con un "crack" molto più forte di quanto la ragazza si aspettasse il legno cedette alla gravità, mandando l'orso a gambe all'aria.
    La signora Maggie e Sean accorsero verso di lui per sincerarsi delle sue condizioni, ma più rapido fu Walter, che si trovava ad appena un balzo di distanza, a raggiungerlo per offenderlo, indifferente a come potesse stare.
    «Stupido grassone di un animale! Hai visto? Questo è perchè non sai come comportarti! Bisognerebbe che imparassi ad essere un orso a modo, invece di continuare coi tuoi atteggiamenti noncuranti, perchè vedi che portano solo guai.»
    Mentre il lupo parlava l'altro si era tirato a sedere singhiozzando sommessamente, e quando il primo prese fiato, sicuramente per poi continuare con nuove aspre parole, una veloce zampata di Vin lo mandò a rovesciarsi a terra più in là, intontito.
    Quindi la chiocciola, il ragno e la ragazza giunsero accanto all'orso per consolarlo. Alice era un poco intimorita dalla semplice mole della creatura, ma vederlo quasi in lacrime accanto all'albero spezzato ad accarezzarne le due parti la convinse della sua bontà di spirito, fugandone la paura.
    Per mostrarsi gentile e comprensiva, tacque, accarezzando la creatura tra le orecchie (per come era seduto, le riusciva di fare questo se stava sulle ginocchia, ma stendendo il braccio bene verso l'alto) e gli levò alcune delle spine della pianta che gli si erano conficcate nel pelo castano.
    La signora Maggie era scivolata fin su di una spalla dell'animale, e gli stava parlando.
    «Tutto bene Vin, non ti sei fatto male vero?»
    «Non va tutto bene» Rispose l'orso, con la voce che ci si aspetterebbe da tale creatura, ma incrinata da una tristezza che rasentava il pianto. «Ho rotto l'albero.»
    «Ma tu stai bene?»
    «Ha ragione Walter, quando mi muovo faccio solo danni.»
    «No, non è vero.»
    «Sì. Ho rotto l'albero solo perchè giocavo ad arrampicarmici.»
    «Ma è stato Walter a spingertici.»
    «Cazzate. E lo sai. Potevo non arrampicarmi. Solo che quando faccio qualcosa penso solo a me, e non a cosa può succedere, e combino casini.» Mentre parlava l'orso prese una fiaschetta da una tasca nascosta tra i suoi abiti, e ne trasse un lungo sorso. La fiaschetta era in realtà tale solo considerata in proporzione alle dimensioni di quell'animale, e quando fu aperta un forte odore alcolico colpì Alice in pieno volto, facendole allo stesso tempo desiderare di sboccare e di assaggiarne un poco.
    «Non è vero. Sarebbe potuto capitare a chiunque. E poi te sei uno che pensa agli altri.»
    «No, non è vero. Prendo tutto come un gioco. Non prendo le cose seriamente come dovrei.» Altro sorso.
    «Non scherzare nemmeno. Senza di te la Golden Cookies League non esisterebbe.»
    «E allora? Cosa facciamo per gli altri? Niente. Portiamo biscotti. Non è più un mondo adatto ai biscotti, questo, e dobbiamo rendercene conto.»
    Ora Alice si sentì di intervenire. «No, Vin, non è vero. La cosa da fare è impegnarsi perchè il mondo sia da biscotti, e per cominciare bisogna portare a tutti un po' della felicità che danno i biscotti, perchè altrimenti non sapranno cosa si perdono e tutto rimarrà com'è.»
    L'orso la guardò interrogativo, rendendosi per la prima volta conto di lei, e cercando di capire se doveva in qualche modo dare segno di averla riconosciuta o meno.
    «Io», continuò la ragazza imperterrita, «ho scoperto solo stasera della tua iniziativa, e trovo che sia meravigliosa, e che sia un inizio perchè il mondo migliori, perchè se la gente ragionasse di più nel modo dei biscotti, tutti ci si aiuterebbe di più e le cose andrebbero alla grande.»
    Vin stava palesemente per obbiettare qualche cosa, mentre la signora Maggie e Sean la guardavano colmi di rispetto. Alice però non si fermò per far parlare l'altro.
    «E questa pianta è un'acacia, quindi tirati su che tanto poi ricresce, e ancora più forte di prima.»
    L'orso si alzò, trascinato in principio dalla ragazza, che si era a sua volta appena messa in piedi. La guardava contento e sorridente, e quando fu sulle sue gambe bevve ancora un un goccio dalla fiaschetta, prima di rimetterla in chissà quale tasca segreta nascosta tra gli stracci della sua maglia.


    Anche Walter si era ripreso.
    «Allora cretino di un panzone, ti sei alzato? Possiamo andare a sto concerto? Dai, che così posso cominciare a convincerti ad andarcene.»
    «Ma tu perchè devi essere così stronzo?» Gli chiese Alice, con un tono sinceramente più curioso che arrabbiato.
    L'altro le rispose con un ghigno glaciale, sistemandosi il cappello. «Ma che cazzo di domande fai, cretina: in ogni fiaba ci va un lupo cattivo.» Detto questo partì al trotto verso il pozzo, accendendosi un'altra sigaretta nel tragitto.
    La ragazza lo guardò un attimo, ma si rivolse a Vin. «Come cavolo fai a sopportarlo?»
    «Cosa ci vuoi fare. Ognuno ha bisogno di prendersi a cuore un impegno. Il mio è Wally: voglio fare capire a quel poveretto che al mondo c'è più che le cose che si possono comprare.» Cominciò a frugarsi nella maglia, come alla ricerca di qualcosa. «Voglio ringraziarti per le parole che hai usato con me.» Le disse.
    «Ma no, non devi.»
    «Invece sì. Aspetta solo un attimo che lo trovo.»
    Alice non voleva niente per avere consolato l'animale, ma era anche curiosa di scoprire cosa questi avesse intenzione di regalargli, così non fece altre obiezioni mentre l'orso cercava in un'apparente infinità di tasche e pieghe, per poi produrne una piccola scatoletta di metallo dipinto, grande meno del palmo della mano della ragazza.
    «Ecco, tieni questo.» Le disse porgendole il contenitore. Era leggero, e su di esso era disegnato con una cura maniacale un paesaggio bucolico, con dei mulini a vento disposti su una verde pianura ondulata in una maniera che faceva pensare al caso pur apparendo ordinata.
    «Che cos'è?»
    «È uno dei miei biscotti, di quelli della Lega, ma è un biscotto speciale, come ce ne sono pochi.» Spiegò Vin, chinandosi per parlarle sotto voce verso la fine della frase, con l'aria di uno che voglia condividere un segreto divertente.
    «E come mai?»
    «Questo biscotto non si deve mangiare, no.»
    «No?»
    «No.»
    «E perchè?»
    «Perchè se lo pianti nel terreno adatto, e gli vuoi bene, e lo annaffi con del buon latte fresco di tanto in tanto, blandendolo con le parole, nasce un albero, e se gli fai tanti complimenti e gli mostri affetto tutte le sue foglie sono biscotti, di quelli al burro che facciamo noi, con la ricetta danese originale.»
    «Grazie mille.» Sbottò Alice, e gli saltò al collo.


    Quel momento venne spezzato da Walter, che dal bordo del pozzo gridò richiamando l'orso. Allora Vin si staccò dalla ragazza con un sorriso, e si avviò corricchiando e barcollando verso l'altro. Entrambi si gettarono dentro.


    Alice rimase un attimo imbambolata a fissare la scatoletta di alluminio che teneva ora tra le mane. Si riscosse quando sentì i primi allegri accordi di chitarra. Il concerto stava iniziando. Sia lei che la chiocciola che il ragno corsero verso il pozzo, proprio mentre anche un basso si aggiungeva intonato alla musica.
    «Oddio!» si preoccupò Alice giunta al bordo. «E io come cavolo faccio a scendere di qua?» E intanto guardava Sean che affrontava lo spigolo approssimativo che segnava l'inizio della discesa come se la pendenza non fosse cambiata per niente, e lui fosse sempre in piano.
    ("i've got nothing to worry about" aveva iniziato il cantante)
    «Fai come noi, Alice.» Le spiegò il ragno. «È semplice. Basta che continui a camminare.»
    ("so i worry about nothing")
    «Uuuuh Sean!» Intervenne la signora Maggie. «Questa la stanno cantando per te!»
    ("i think i've got fleas, or some tropical disease, but my spider sense is tingling")
    Poi la chiocciola prese per mano Alice, e iniziò a condurla giù per la parete del pozzo, ed in effetti era come camminare, e la ragazza notò che in fondo non c'era acqua, ma in qualche modo la luna si rifletteva in una pozza di latte, ed il bianco si sommava al bianco, ma poi inciampò ed iniziò a cadere verso il fondo. Voleva urlare, ma quando stava per cominciare si trovò completamente immersa.


    Alice tirò fuori la testa dall'acqua. Probabilmente si era addormentata nella vasca. Si guardò le mani, e pensò che fosse stata lì parecchio, visto che le dita erano raggrinzite e sembravano invecchiate di cento anni.


    Il giorno dopo Alice si sentiva stranamente tranquilla e rilassata. Si era alzata tardi, perchè per la prima volta in quell'estate era riuscita a dormire come si deve, anche grazie ad un rapido acquazzone che poco dopo l'alba aveva dato una rinfrescata al clima altrimenti torrido. A pranzo si era saziata di uno yogurt formato extra-large, di quelli senza nessun sapore particolare al di là di quello di yogurt.
    Ora se ne stava pacifica su di un'amaca appesa in cortile, all'ombra, con una leggera brezza di quelle che ogni tanto l'estate regala per dare un'illuzione di benessere tra due momenti eccessivamente caldi.
    Poco prima aveva vagato per le biblioteche, scorrendo sui titoli dei libri alla ricerca di qualcosa che la ispirasse. La mano le si era fermata su di una raccolta di poesie inlgesi, con abbondanti commenti critici, facilmente identificabili per il diverso carattere tipografico e quindi altrettanto facilmente evitabili.
    Adesso la stava leggendo, senza prestarvi particolare attenzione in realtà, ma lasciandosi cullare distratta dal dondolio dell'amaca. Ogni tanto le immagini dei poeti facevano capolino al di là della soglia dei suoi pensieri, che così, per esempio, si trovavano silenziosi di timore ad osservare una tigre fiammeggiante.
    Poi però ci fu un rumore che la distrasse dalla sua distrazione, attirando la sua attenzione verso il cancello. Da dove si trovava lo poteva vedere abbastanza bene, un po' di sbieco in verità, ma comunque riconobbe il rumore di un auto che vi si arrestava accanto, spegnendosi. Poi pensò di udire dei passi, ma sapeva di esserseli inventati, perchè non era così vicina al cancello.
    Dei sandali si affacciarono dall'altro lato dell'inferriata. Piedi femminili, caviglie snellite da un paio di tacchi bassi, una gonna gialla leggera che copriva le ginocchia. Non una gonna, ma un vestito a pezzo unico, retto da un paio di bretelle sottili quasi perse ed invisibili in una valanga di capelli castani, anche se dove stavano riflettendo la luce del sole sembravano biondi. Nessun gioiello, almeno niente di visibile da quella distanza. Le mani stavano mettendo nella borsa qualcosa: forse occhiali da sole, ma Alice non aveva fatto in tempo a vedere bene, e per quel che ne sapeva poteva essere un portachiavi ingombrante. La borsa in tinta col vestito, anche se in qualche modo un po' meno gialla.
    Dalla borsa uscì un cellulare, e quelle mani lo portarono all'orecchio destro dopo avere scostato una tonnellata di capelli che non si sarebbero definiti ricci. Lo sguardo cercò di rivolgersi verso una finestra in particolare, la trovò, sorrise.
    Alice non avrebbe saputo spiegare perchè o per come, ma non sentiva nè il fastidio nè la rabbia che si sarebbe aspettata e a cui si stava preparando. Una piccola parte di lei la implorò di fuggire, ma la tigre fiammeggiante la fece tacere e poi svanire.
    Matilde disse qualcosa al telefono, parve soddisfatta, riattaccò e ripose l'apparecchio, dopo averne scrutato il display brevemente. Gettando casualmente gli occhi nella direzione della ragazza, la trovò che la osservava di sottecchi, e decise che fosse il caso di salutarla.
    Nessuna vocina cercava di darle consigli ora, mentre Alice scendeva dall'amaca e si incamminava verso l'altra. Il giardino frusciava e cinguettava come consono a quell'orario in quel periodo, ma lei si voleva immaginare immersa nel silenzio, e così ad ogni passo cercava di eliminare uno di quei suoni.
    «Tu sei Alice, vero?»
    «Già. Tu invece sei Matilde. Ti ho vista di sfuggita l'altra mattina mentre eri in cortile che te ne andavi.»
    (Dopo che eri stata con mio padre). Ma la ragazza non pensò queste cose acida come solo poche sere prima.
    «Così finalmente ci incontriamo.»
    «Già.»
    (Complimenti per avere affermato l'ovvio. Vuoi una medaglia?) Di nuovo, non si sentì così cattiva nel immaginarsi a dire queste parole. Poi Matilde interruppe una pausa che stava minacciando di allungarsi troppo.
    «Che cosa fai oggi pomeriggio? Hai programmi?»
    «Mmmh... Veramente la mia idea era di abbioccarmi sull'amaca e sperare che non faccia più caldo di così.»
    (E poi sono anche un po' fatti miei).
    «Clima insopportabile, vero?»
    «Sì.»
    «Ma, ascolta, perchè invece non vieni con noi all'acquario?»
    «Non so se mi va...»
    (Ma che vuoi, scusa?)
    «Dai, sta settimana hanno aperto una specie di mostra sulle creature dei fondali oceanici, proprio accanto alla sezione sugli insetti.»
    «Come?»
    (Che carini gli insetti).
    «Lo so che non ha molto senso che ci sia una sezione entomologica in un acquario, ma non abbiamo un museo di storia naturale, in città.»
    «Quasi quasi...»
    (... E così anche papà è contento, che conosco la sua fidanzata.)
    (insetti insetti insetti insetti insetti insetti)
    «Lo sapevo. E poi, due punti a favore dell'acquario: visto che è legato all'università ci fanno entrare gratis; e c'è l'aria condizionata.»
    «Ok, dai, mi hai convinta. Vado a prepararmi un attimo. Ci metto due minuti.»
    Pensando contemporaneamente "aria condizionata" e "insetti", Alice si incamminò svelta verso casa, per darsi una sciacquata lampo e mettersi un qualcosa che si sentisse di utilizzare per uscire. Intanto suo padre stava uscendo dal portone, e le sorrise nel vederla. Lei contraccambiò e mentre gli passava accanto gli intimò di aspettarla ad ogni costo.


    La gita all'acquario andò piuttosto bene. Alice decise di perdersi ad osservare tutti gli insetti che potè, ascoltando ripetutamente le spiegazioni registrate di cui era corredato ogni terrario. Prestò meno attenzione a pesci, cetacei, crostacei e tutte le altre creature tipiche un acquario, ma si disse che la prossima volta avrebbe badato anche a loro. Matilde era anche mediamente simpatica, non insopportabile, ma forse esagerò un poco nel ricercare la sua complicità scherzando su suo padre. Pazienza, perchè ciò non fu sufficiente a rovinare il pomeriggio di Alice, che in effetti si protrasse fino a sera, quando i due adulti riuscirono a convincerla ad andare a prendere una pizza. Il caldo enorme del locale non gliela fece gustare al massimo, purtroppo, ma la ragazza quando tornò a casa potè dirsi soddisfatta.

3 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

visto che domani me ne parto per il mare, ho fatto che finire di postare il racconto.
buona lettura.

per chi non lo sapesse, la canzone nel pozzo è "i see spiders when i close my eyes" dei The Boy Least Likely To.

Ringraziamenti a tutti, più o meno, ma in particolare a qualcuno.

la zuppa ha detto...

bello, bello... me ne mancava un bel pezzo.
io invece non scrivo un dialogo intelligente neanche se lo copio.
un "toffo poffo" per il bovaz.

Matteo Piovanelli ha detto...

e una toffarella?