UNO: Capitolo 2....Il passato ritorna...

Author: Jager_Master / Etichette:

La fase successiva fu un misto di incredulità, giramento di testa a palla, balbettio, una serie di gh gh gh e mani nei capelli.
Si girò più volte su se stesso, sempre con le dita che gli toccavano ora la tempia, ora la cintura. Non sapeva che fare, giocherellava con i buchi della cinta e intanto roteava gli occhi come saette, a destra e a sinistra, mugolando come un bambino che sta per scoppiare in urla e strepiti.
E in effetti si lasciò sfuggire qualche singhiozzo, trattenendo le lacrime a stento.
Il mondo sfuocato dal pianto, tremolante e vacuo. Si asciugò con un gesto rapido, ma non smise di soffrire.
Sembrava una giostra di cavallini, Carlo, di quelle che con movimento lento ruotano e ruotano, ma ora con in più una cantilena di gh gh a ritmare la malinconica marcia.
Ruotava, Carlo, che quasi il mal di testa divenne giramento insopportabile.
E si sedette, sull’asfalto, per evitare di cadere disteso.
“Non è possibile. Alla fine è successo”.

Si, se lo aspettava, sapeva che prima o poi sarebbe accaduto, ma non immaginava ora, non adesso; non ora che a 64 anni aveva messo il cuore in pace.
L’incubo era stato riposto nel cassetto ormai da....quand’era? il ’78? Si, forse. O giù di lì.
La baita dietro la collina, la pace della vita da boscaiolo, la solitudine della vecchiaia: ecco, erano queste le sue prospettive di vita, ora.
Mai più pensava di ritrovarsi davanti a questa prova: per quanto, diciamocelo, era scritto.
E a pensarvi un secondo di più si poteva aggiungere che averlo dimenticato (o riposto nel cassetto, che fosse) era stato un errore madornale. Ingenuo. Per non dire pericoloso, ma quello era chiaro, non c’era bisogno di ripeterselo.

Passarono lenti e veloci i minuti. Mille pensieri, mille cassetti riaperti.
Carlo provò a rinfrescare la memoria, lucidare i risvolti e gli aspetti addormentati dalla polvere del tempo.
Era solo, ora.
Ma non poteva rimanere tale a lungo, doveva reagire, alzarsi e affrontare il destino, che prima o poi ti viene sempre a pescare, ovunque tu sia, porca miseria. E se lo era dimenticato.
Che idiota.
Anche in una baita di montagna sperduta fra le pinete del trentino. Non gli scapperai mai.
Che fesso, che imbecille.
Come poteva credere che una baita potesse nasconderlo dagli incubi? Come poteva aver pensato di trasferirsi lì, a costruirsi una nuova vita, lontano dalla città, lontano dal suo passato?
Solo ora, in quel parcheggio, seduto sull’asfalto, le cose riprendevano colore (o lo perdevano, a seconda del punto di vista).
Solo ora si ricordava, e riusciva nuovamente ad afferrare l’inafferrabile.

Poi il lampo.
Guardò l’orologio d’istinto.
Era fermo, certo, lo aveva notato anche prima.
04:42.
Quanto tempo era passato dal blocco? 3-4 ore? Forse 6? Sperò 6, ma si sarebbe giocato 50 euro sulle due ore: aveva albeggiato da poco, la valle era ancora stropicciata dalla rugiada e dal fresco mattutino. La luce del sole campeggiava sulle cime delle montagne vicino, aspettando il debutto nel cielo, di lì a poco.
Si, più o meno erano le 6 e mezza, forse qualche minuto di più.
Non aveva più molto tempo, doveva scappare.
Aveva tempo fino alle 8 più o meno per andarsene da lì, allontanarsi il più possibile. Poi Lui sarebbe arrivato.
Alle conseguenze era meglio non pensare.

Entrò nel bar di Dino sbattendo la porta, mise una mano dietro al bancone, lanciandosi sopra con la pancia. Afferrò un paio di brioches, e la chiavetta dentro alla scatoletta di metallo.
Poi corse nel rentro, e mettendo in tasca la colazione armeggiò con la chiave, aprendo un bauletto chiuso a lucchetto.
Aprì con un gesto secco il coperchio, afferrò la doppietta di Dino, una scatola di cartucce e se lo mise a tracolla.
Poi lasciò tutto così com’era e si lanciò nel cortile: non aveva molto tempo.
Via via via!

Saltò sul Suzuki, buttò sul sedile di fianco la doppietta, ingranò la prima grattando decisamente la marcia e si lanciò sulla statale, a perdifiato.
Destinazione Bressanone: nella città avrebbe avuto più possibilità, e forse Lui non lo avrebbe trovato.

11 commenti:

Jager_Master ha detto...

ora: è chiaro che io ho un'idea di come proseguire, ma come ho potuto scrivere il cap.2 inventandomelo di sana pianta, è possibile fare lo stesso col 3.

Quindi se qualcuno vuole cimentarsi (sotterrando così la mia idea per proseguire) a me fa piacerissimo.
Lo scopo è proprio questo.

Matteo Piovanelli ha detto...

uhm...
a tratti è caotico, ma voglio vedere dove va a parare.

Matteo Piovanelli ha detto...

intendo,
lacrime lacrime non lacrime lacrime

Jager_Master ha detto...

non capisco. lacrime perchè è sconsolato/spaventato/incredulo.
Ma sa anche che deve reagire...

Matteo Piovanelli ha detto...

proprio il fatto che c'è lacrime 18 volte in due righe

Jager_Master ha detto...

capito. avevi ragione in effetti, non mi ero accorto.

cmq ora ho sistemato.

la zuppa ha detto...

io lo continuo, ma poi sono cazzi tuoi.

Jager_Master ha detto...

guarda: se ti va di continuarlo, mi fai solo contento. Fosse per me, ognuno dovrebbe scrivere solo un capitolo, e poi via.

Devo ufficialmente passarti il testimone allora?

la zuppa ha detto...

sì, prendo io. mi piace com'è scritto, ma ho paura di rovinarti l'idea. impazzisco, eh.
adesso sto scrivendo un racconto di fate sul cemento. uno è il prossimo

Jager_Master ha detto...

andata.

Anonimo ha detto...

Molto bello,notevole!Mi piace moltissimo il tuo modo di descrivere le sensazioni che il protagonista prova,l'ansia che lo tormenta...;)
Cheers and kisses :*