Tic Tic non ti fermare

Author: Jager_Master / Etichette: ,


Gli piaceva staccare il portatile dalla spina, poggiarselo sulle gambe mentre a letto una sola luce da computer illuminava
la stanza. Alla sera, da solo. E la musica. Oh, la musica: aveva un cd che girava più e più volte quando le ore a scrivere gli incriccavano la schiena, ma lui imperterrito aveva e voleva quelle note nelle orecchie e nella testa, che guidavano le dita veloci mischiando il tic dei tasti con i fa diesis e i sol-mi-do.
La lancetta girava tante volte, tante. E lui fra un sorriso di una battuta gettata rapida sulla schermata e una smorfia di una riga cancellata, copriva le ore notturne diventando il personale paperinik di un paperino impiegato: al buio stracciava le vesti consunte e vestiva l'abito dello scrittore e scriveva scriveva, scriveva le lacrime e le risa, le foglie e la neve, il sentimento e la fredda descrizione. Il punto. E la virgola, e il punto e virgola; nessuno pseudonimo, nessuna carriera, solo cartelle word riempite per se, lanciate come sementi nella terra fresca per un campo che sarebbe cresciuto nel proprio cuore. Solo per se.
A volte righe a volte pagine intere di getto, senza un senso apparente ma con un cuore dentro che neanche hemingway in persona avrebbe potuto strappare dalle viscere per tramutarle in inchiostro (o meglio, in verdana 10). A rileggerle sembravano salti sconclusionati oppure le migliori poesie d'amore che avesse mai letto, ma poco importava anche questo, era il tic e la tazza di caffè sul comodino a dare un significato alle sue notti, era la sensazione di esprimere. Di raccontare. Di sfogare. Di avere uno stile anche se stile non era in realtà.
E' per te amore, diceva, e amore non ne aveva. E' per te amore della mia vita, anche se era solo, perchè tanto era pieno il cuore che aveva da regalare. Da regalarle.
E' per te, amore mio non corrisposto, che scrivo queste pagine ed era vero. Quando non si è corrisposti, la mente e il cuore si aprono a una cascata di sensazioni e pensieri che nessuna diga cementata può arginare, nella testa si riversano le parole che prima non si avevano nemmeno. Anzi, le si avevano e pure la diga c'è sempre stata, ma come per ogni cosa che deve sfociare, il tappo deve saltare. E' entusiasmante la forza nuova che scaturisce dalla dita quando la testa sferza il cavallo con tanta nuova violenza: corri anche se non vorresti, canti anche se non hai le parole, sogni anche se fa male e le dita picchiano talmente forte da sparire nella tastiera. I denti, quasi si consumano a serrarsi fra loro. La testa sta in avanti, per dare slancio alla parola e perchè pesa più che mai. A lui pesava come un masso.
Le porte si aprivano e rigettavano a valle tonnellate di amore e parole.
Fiumi interi, pensieri e sogni regalati solo a lei, o a loro. Gli amici che non aveva, il mondo che non gli dava soddisfazione, il significato che questa vita non dava. Certe pagine erano di insulti velati, altre di sfoghi razionali, il protagonista sempre vago anche se sapeva che era se stesso (e ingenuamente se lo nascondeva, ma che importa. Niente importa se il lettore è lo scrittore).
A volte mandava in stampa, a volte arrivava all'alba del sabato e buttava nel cestino ore di sfogo, stiracchiandosi alla finestra dopo una notte...come dire...inutile?
No, forse produttiva come non mai. Nessuno leggerà mai? Vero. Ma diciamocelo: a voi importa? No, sinceramente, e a lui nemmeno.
Parole bruciate al nulla, gettate nel limbo, ma uscite da un cuore ora più leggero. Doppia identità, ma quale quella vera? Lui lo sapeva, e voi lo immaginate. Ma per ora, non vale la pena disquisirne.

Per ora è lanciato, testa china sul grembo, la luce bianca sbarluccica sui suoi occhiali azzurri, le dita veloci, a ruota libera. Un flusso ininterrotto
racconta al buio della stanza, racconta di se. Pissi pissi. Tic tic. Nemmeno la cassettiera ha mai letto di lui, perchè anche lei è al buio, lontana dalla luce del portatile. Il cuscino, quello si. Ha letto e memorizzato.
Incredibile come un mondo così pieno, così zeppo di cose da dire e da dare sia recintato da un fascio di un portatile, e niente al di fuori di quell'aura luminosa diventa parte di quel mondo. Un mondo che ora sparato su quei violini meravigliosi apre a colpo di fucile una nuova finestra che lui riempie di parole che quasi non torna indietro cancellare sbavature ed errori grammaticali: una botta pazzesca guidata dal rift del basso che rivela nuovi sogni. Correggerà dopo, ora ha troppo da scrivere e la canzone sta per finire dai dai dai. Fai volare queste dita, scrivi queste righe, non ti fermare, poco importa se anche questo lo cancellerai, poco importa se non stai scrivendo contenuti ma solo giri di sensazioni: anche il verdana 10 ha una sua musica, e si fonde perfettamente con questo rift.
Ora sa anche che il pezzo sale, e ne ha proprio bisogno; il dito si poggia sul volume senza spostare lo sguardo dal trattino lampeggiante di word.
10-15-17. Volume max. Chiude gli occhi, assapora la batteria che aggredisce colori e immagini, sente la chitarra che quasi spacca tutto e le cuffie gracchiano soffocate. Ma è quello che vuole, la pulizia del suono ora importa meno, quasi nulla.
Sali, SALI, invadimi la testa, riempi ogni angolo, non lasciare spazio all'inimmaginato, ogni
tassello di quello che sto pensando deve riempire lo spazio vuoto.

Poi abbassa la testa e riempie la riga sottostante di una frase che lì per lì non ha senso, guidata dalla musica, chissà che ore sono.
Mamma che voce che ha questa e la frase di prima cazzo non l'ho finita, una perlina di sudore mi sta colando dalla tempia destra, sono sotto pressione. Cosa sto scrivendo? Di chi, di cosa? Quante pagine ho già riempito di nero su bianco? Quante grazie alla musica, quante grazie alla mia mano?
Pag 6 di 6 mi dice il computer. In quanti minuti?

Poi si ferma sospirando, il volume 17-16-10.
Le mani si posano sul copriletto, la testa si alza al soffitto bianco che al semibuio della stanza sembra grigio.
Si ferma e alcuni tasselli, mentre la canzone finisce, tornano al loro posto.
Si ferma e si guarda da fuori, e dalla finestra osserva un uomo con una perlina di sudore seduto a letto, con una penna in bocca. Da quando ce l'ha? Una stanza con una luce da portatile, un volto un pò scavato. Da cosa?
Si guarda. Si vede alzare la mano destra, sorseggiare l'ultima golata di caffè. Freddo. Lo sa che è freddo anche se sta guardando dal davanzale.

Per stasera forse basta, anche se il cuore ha tanto da dire e dice no no no non ti fermare; da fuori digrigna i denti e urla NO NON FERMARTI ma la testa è stanca, e va avanti fra finestra e cuore. Sa anche questo.

La mano si alza, i due volti la osservano, il volto la osserva arrivare alla barra dello spazio.

Poi a destra.
Mettere un punto.
Scrivere due parole, quasi di commiato.

poi
salta delle righe.

a caso mette gibib onjonèoin

dei punti.
.. tanto a chi importa? Ho raccontato di te, e mi basta. Posso pure sbavare ononèonèUAAAA

E' la classica chiusura, quasi sconclusionata, prima di cestinare anche questo e chiudere il portatile senza spegnerlo. Domani sarà scarico, la notte è più corta adesso, ma più densa.

Tre punti, e la sua firma

...f

2 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

ehi, è bello.

Jager_Master ha detto...

in realtà mi sono venute in mente delle modifiche.

o lo faccio, o ne scrivo un cap.2, oppure lascio perdere, devo decidere.