Capitolo 8: Musica e Ballo

Author: Matteo Piovanelli / Etichette: ,

Dimitri era pensieroso.

Non gli era troppo chiaro in che cosa sarebbe consistito il suo ruolo nella missione, e ciò gli impediva di trovare la sua solita concentrazione.
“Sarai la copertura di Vatslava.” Aveva detto il generale. “Dovrai fornirle tutto il supporto che lei riterrà necessario ed ubbidire ai suoi ordini.”

Poi però lui e la Sika si erano uniti ad un plotone di VDV per essere trasportati nei pressi del punto convenuto della missione. Sulla camionetta i soldati avevano badato bene a tenersi rispettosamente a distanza dalla donna, ma non avevano lesinato sguardi derisori per il cecchino.

Lui aveva fatto finta di niente, carezzando Dalia per prepararla al suo lavoro, ma si sentiva piccolo accanto a quegli uomini coi loro equipaggiamenti da sogno.

L'odore particolare di Vatslava lo disturbava molto meno, ora, ma era sempre in un angolo della sua mente. In certi momenti Dimitri aveva avuto la sensazione che lei lo stesse fissando, ma con quelle lenti da insetto era impossibile dirlo per certo.

Quando erano arrivati a destinazione e dai cassoni coperti dei veicoli i VDV si erano riversati in strada, la Sika lo aveva preso in disparte, ignorando palesemente il caporale dei corpi speciali che gesticolava ordini, alcuni dei quali incomprensibili per il cecchino. Il fatto di trovarsi isolato con la donna lo metteva a disagio, facendogli sentire più acutamente quella specie di profumo.
Dimitri si scoprì a stringere le mani intorno al suo fucile come una matricola, ed istintivamente abbassò il capo per la vergogna.

La voce di Vatslava era resa appena più roca dalla maschera che indossava quando disse:
“Tu, cecchino, seguimi.”
Poi si voltò senza guardare se lui stesse ubbidendo.
Naturalmente non si sarebbe mai neppure sognato di trasgredire all'ordine.

Senza parlare procedettero tra rovine prodotte da bombardamenti passati. Gli occhi del cecchino andavano istintivamente da una parte e dall'altra, valutando possibli posizioni vantaggiose, ma la sua mente non registrava. Ogni sua fibra era impegnata ad imitare i movimenti perfetti della sua guida, quella danza con cui lei si spostava da un ombra ad muro diroccato come se fosse una cosa ovvia e naturale. Dimitri si chiedeva perchè lei non stesse usando la divisa fotomimetica, ma suppose che fosse per permettere a lui id avere un riferimento da seguire.

Dopo che per qualche minuto si furono allontanati dal resto del gruppo, tenendo un'andatura che il cecchino non pensava di poter sopportare ancora per molto, la Sika gli fece cenno di fermarsi. Si trovavano in uno stanzino adiacente ad un magazzino, indatabile nel suo stato di abbandono. Sparse a terra c'erano le carcasse di vecchie attrezzature elettroniche, saccheggiate dell'oro dei loro circuiti.
Senza fiatare Vatslava portò una mano sul fianco della divisa. Lì si formò un'apertura, come di due labbra che si schiudessero, e lei ne estrasse una sottile pellicola trasparente.
“Questo” disse lei con la sua voce filtrata “ti aiuterà a tenere il passo, e ci permetterà di comunicare.”
Senza aspettare una reazione, che comunque Dimitri non avrebbe saputo avere, gli fu addosso, e gli appiccicò quella pellicola sul collo. L'istinto disse al cecchino di proteggersi da quel movimento, ma non avrebbe mai potuto fare in tempo. Inolte sapeva di non volerci nemmeno provare.

Uno strano pizzicore. Poi una sensazione diffusa di calore. Dal suo pomo d'Adamo si diffuse in lui un nuovo vigore, sicuramente dovuto a qualche droga che si trovava sul cerotto. La stanchezza svanì dalle sue membra, assieme con la rigida sensazione dell'acido lattico che si stava iniziando a formare.
“Mi senti, cecchino?”
La voce proveniva direttamente da dentro la sua testa, come se stesse parlando da solo. La voce di una donna, chiara e priva di inflessioni.
“A questo punto dovresti essere in grado di udire la mia voce.”
Dopo un attimo di smarrimento Dimitri riconobbe la voce della Sika, ma non riusciva ad immaginare come fosse possibile che gli arrivasse dall'interno della sua nuca, attraversando agevolmente il velo delle droghe.
Dunque parlò.
“Cosa diavolo sta succedendo?”
Il suo sguardo avrebbe tradito una vena di paura, se le droghe che stavano via via penetrando ogni sua cellula non gli avessero dato la sensazione di essere un dio.
“Un nanocomunicatore si è installato sulla tua corteccia cerebrale. Era nel cerotto. Ora non serve parlare per tenerci in contatto.”
La sorpresa venne in qualche modo mitigata dalle sostanze che Dimitri aveva in circolo, mentre pensava a come diavolo fosse possibile comunicare senza parlare.
“Il trasmettitore è collegato direttamente alla parte del tuo cervello che comanderebbe la voce. Potresti non riuscire a controllare la trasmissione, ma per fortuna il segnale non può essere intercettato. Ora seguimi cecchino: abbiamo del lavoro.”

Ora i due si spostavano molto più rapidamente. La roba che gli si trasferiva in corpo dal derma rendeva Dimitri in condizione di tenere il passo senza sforzo, anche se non con la stessa grazia della sua guida.

Mentre proseguivano verso il loro obbiettivo, la Sika gli diede qualche informazione di cui lui aveva bisogno, anche se l'uomo non sapeva se lo facesse perchè era necessario o per rispondere a domande che non era sicuro di avere posto attraverso quel nuovo canale che li univa.
“Dovremo dare l'attacco ad una postazione dei ribelli. Il tuo compito sarà coprirmi dall'alto di un palazzo lì vicino. Dovrai sparare esattamente a quello che ti dirò e quando te lo dirò io, altrimenti la situazione si farà molto complicata per entrambi. Sono stata chiara?”
Intorno a loro ancora rovine causate da attacchi aerei.
“Sì certo.” Dimitri si sforzava di non pensare a nulla, per non comunicare segnali inutili. Aveva il terrore di potere apparire un dilettante non riuscendo a tenere il controllo del suo trasmettitore.
Un movimento attirò per un istante la sua attenzione: da una finestra al secondo piano di quello che doveva essere stato un condominio pendeva una coperta a brandelli.
“L'obiettivo principale è recuperare un prigioniero di valore che si trova nella base. Se non sarà possibile, o se dichiarerò la missione compromessa, il prigioniero dovrà morire. D'accordo?”
“Va bene.”
Si fermarono un attimo accostati a quello che rimaneva di una parete di una scuola. Nel cortile davanti a loro c'era uno scivolo arrugginito, coricato sul cemento di quello che aveva dovuto essere il salone, ora a cielo aperto.
“Qualche domanda?”
Vatslava lo stava palesemente fissando attraverso le sue lenti d'olio.
Il cecchino avrebbe voluto dire di no, ma non seppe trattenere i suoi pensieri.
“Perchè? Perchè io? Cosa ci faccio qui con te? Non dovrebbe esserci uno come te al mio posto?”
Se ne pentì, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dalla maschera dell'altra.
Dopo un attimo di silenzio, la Sika si voltò, quasi con fretta.
“Il mio compagno non era disponibile per questa missione, a cause delle conseguenze della missione passata.”

Dopo di ciò il Silenzio. Vatslava non lo degnò più neppure di uno sguardo, e si limitò a fare strada.

Dimitri provò a concentrarsi su Dalia, che gli ballava comoda sulla schiena. Nonostante fossero passati parecchi minuti il vigore dovuto alle droghe non accennava ad attenuarsi, ma lui non volle chiedersi il perchè. Aveva paura ad interrompere il silenzio della donna.
Una parte di lui la riteneva sua compagna in questa missione. Un'altra parte pensava che lei era più un suo superiore, lì per osservarlo e valutarlo. Questa parte tremava all'idea di poter commettere qualche sbaglio.

Dalia non pareva riuscire a dargli alcun conforto. La sentiva, ma era come se fosse diventata fredda. O forse era lui che non riusciva a sporgere la sua mente verso di lei, timoroso di scagliare i suoi pensieri più privati verso al Sika.

Non seppe dire dopo quanto, arrivarono ai piedi di un rudere più alto degli altri. Vatslava comunicò che sarebbero saliti sul tetto ad aspettare il momento giusto, poi sarebbe iniziata l'azione vera e propria.
Il cecchino fu sorpreso del fatto che non ci fosse nessuna sentinella su quella posizione così vantaggiosa, se il loro obbiettivo era vicino quanto immaginava. Non riusciva ad immaginare nessuna possibile ragione per cui ciò fosse possibile.
“Coi satelliti che passano sulla città ad intervalli di otto minuti non è troppo facile restare nascosti allo scoperto.” Spiegò la Sika.
Erano le prime parole che gli rivolgeva da quel loro scambio. Lui non si era nemmeno reso conto di avere fatto al domanda.

I minuti trascorsero.
Il cecchino cercava di riprendere il suo contatto col fucile, smontandolo e rimontandolo a memoria, andando a verificare la perfezione di ogni giuntura ed ogni movimento. Nel frattempo osservava l'altra.
Vatslava semplicemente se ne rimase accucciata in un angolo, con la fronte appoggiata sulle ginocchia. Non fece un movimento, né proferì parola. Non produsse nemmeno il suono più minimo.
Per tutto il tempo Dimitri si rifiutò di guardare l'orologio, perchè aveva paura che il tempo non sarebbe mai trascorso se lui avesse cercato di misurarlo.

Quando la voce della Sika si rifece sentire nella sua mente, lui era pronto.
“Cecchino, prendi questo.”
La osservò estrarre degli occhiali da una tasca. Sembravano dei visori con intensificatori di luce. Quando li ebbe in mano, li trovò leggerissimi.
Li indossò e per un attimo il mondo fu nero. Poi la sua vista ritornò, come attraverso il fondersi di macchie di tutti i colori che creassero i confini delle cose.
“Guardami.”
La donna sembrava diversa, come racchiusa in una leggera patina luminescente.
“Cosa diavolo...?”
“La mia fotomimesi è attiva. Quegli occhiali ti permettono di bypassarla e vedermi. Funzionano attraverso il collegamento che ho creato prima.”
“Capisco.”
In realtà non aveva idea di che cosa volesse dire esattamente, ma era pronto ad accettare quel dono. Gli avrebbe permesso di non rischiare di colpirla mentre lei era in azione.

Poi la Sika se ne andò via di corsa, senza disattivare il potere della sua tuta. Contemporaneamente gli ordinò di prendere posizione armato sul lato ovest, tenendo pronti almeno quattro colpi.

Dimitri non vedeva nulla di particolare nela piazza che si trovava ad ovest della sua posizione. Ad un certo punto la sagoma di Vatslava entrò nel suo campo visivo, saettando a zig zag. Non potendo non stare ad ammirarla, si stupì non poco quando la vide scomparire. Letteralmente.
Un attimo prima stava correndo verso il centro della piazza. Poi più niente.

Proprio mentre stava per farsi prendere dal panico, la Sika ricomparve pressappoco nel punto dove era svanita. Attraverso il loro contatto gli giungeva una canzoncina, quasi sottovoce. Una di quelle canzoni che si imparano da bambini e non si scordano più, che anche se non si ricordano le parole ci si ritrova a canticchiarle.
Senza che la nenia si interrompesse, arrivarono delle parole.
“Ora vedrai un punto illuminarsi. Quando te lo dirò io dovrai colpirlo.” Proprio in quel momento Dimitri vide un piccolo cerchio diventare lievemente azzurrognolo. La donna continuò. “Gli altri tre colpi che ti ho detto di preparare dovrai spararli a intervalli di cinque secondi. Riconoscerai gli obbiettivi in delle antenne di comunicazione.”
Ok, perfetto, quello era qualcosa che poteva fare. Accarezzò un istante il bossolo che teneva in tasca. Poi si proclamò pronto.

Ed iniziò la danza.

Dimitri parlava con Dalia. Non si preoccupava più del fatto che la Sika potesse sentirlo: ora doveva solo essere perfetto.
Nell'unico occhio che condivideva col suo fucile c'era quel punto blu: fermo e immobile aspettava solo la contrazione del dito del cecchino per svanire per l'eternità.

Vatslava correva misurando i passi verso il punto dove era svanita prima. La nenia continuava in sottofondo, come un mantra ripetuto per dare calma, per controllare e coordinare i movimenti.

“Ora.”

Un semplice sussurro, seguito a breve dal suono attutito del dardo metallico che lasciava il comodo alloggiamento del suo bossolo e attraversava il silenziatore ad effetto campo.
Cominciava il conto alla rovescia.

...5...
Il primo proiettile attraversò il centro della zona azzurra proprio mentre la Sika scompariva come prima. Dopo un attimo si udì uno scoppio. Il primo bossolo veniva rigettato da Dalia, scarto della sua canzone ritmica.

...4...
La donna riapparve, ed intorno a lei c'era una base nemica. Alcune guardie sembravano sul punto di svegliarsi, ma lei ballava al ritmo del suo motivetto. La sua pistola vomitava spilli mortali. La mano sinistra baluginava di metallo mortale.

...3...
Ecco le antenne. Il colpo era già in canna, pronto per diventare morte non appena l'occhio del cecchino avesse dato il suo ok. Nella mano sinistra della Sika c'era una lama che sembrava cambiare forma continuamente per meglio colpire i suoi nemici.

...2...
Da lontano giunse il suono di un'esplosione, completamente ignorato da tutti. Alcune guardie iniziavano a gridare ordini, ma non potevano fare granchè contro quel mortale angelo invisibile che stava falciando le loro vite canticchiando sottovoce.

...1...
Dimitri era pronto.

Fuoco.

Mentre il bossolo volava di nuovo fuori da Dalia, anche lei iniziò a cantare, accordandosi alla musica dell'assassina.

Il cecchino stava preparandosi al suo terzo colpo, e Vatslava continuava la sua splendida danza, spargendo nemici ignari della bellezza che li stava mutilando.

Poi successe l'imprevisto.

Nessuna guardia si trovava ormai in grado di fuggire, né di combattere. Non c'era nessuno in vista che potesse nutrire i movimenti terribili della Sika.
Ad un tratto, proprio mentre il terzo proiettile ubbidiva all'indice di Dimitri ed iniziava il suo folle ed effimero volo, qualcosa rimbalzò accanto alla donna. Un istante dopo una luce accecante si portò via ogni immagine della base.

Quando il cecchino ritrovò la vista, non c'erano più antenne da colpire. Il baluginio intorno all'assassina era svanito, ma ciò che preoccupava di più l'uomo era il fatto che lei non stava più cantando.
Mentre il suo occhio ispezionava tutta l'area intorno alla sua compagna, la sua voce gridava.
“Che cosa succede? Cosa è successo?”

“Vassilij.”
“Cosa dici Vatslava, che cosa sta succedendo?”
Non ricevendo nessuna risposta, Dimitri continuò a cercare, cercare e chiedere.
La Sika parlava, ma era evidente che l'aveva completamente escluso dai suoi pensieri.

“Cosa hai intenzione di fare?”
“Vatslava con chi diavolo stai parlando?”
“Non puoi pretendere che io ti creda, che io ti ascolti. Non dopo quello che hai fatto.”
“Vatslava, rispondimi merda.”
“NO. No... Smettila.”


“Potrebbe non finire così.”
Sentendo il tono rassegnato della donna, Dimitri si preparò a coprirla col fucile, anche se non riusciva ad immaginare da che cosa avrebbe mai potuto difenderla.
“L'hai voluto tu. L'ha deciso quando te ne sei andato.”

Poi la Sika ricominciò la danza, ma era diversa. Era diverso il ritmo, erano diverse le posizioni che teneva.

Finalmente il cecchino capì: stava duellando con un avversario invisibile, come lei lo era stata per le guardie. Solo che pareva che lei lo vedesse bene, al contrario di lui che avrebbe dato tutto per poterlo vedere anche solo per un istante chiaramente, per poterlo fermare prima che potesse ferire l'assassina, o peggio.

Assistette allo strano combattimento per un po', imprecando per la propria inutilità. Le continue parate che Vatslava sembrava dover compiere, e i suoi pochi affondi, gli diedero la convinzione che fosse in svantaggio.
Il colpo era già in canna, in attesa, e Dimitri si trovò a pregare.
“Dalia, ti prego, aiutami. Dalia, guida il mio occhio. Occhio, guida il mio dito. Sono l'incarnazione del Silenzio. Sono l'incarnazione del Silenzio. Dalia, mira tu per me.”

La donna portò la sua strana lama liquida davanti al petto. Nell'istante stesso in cui stava per arrestare il movimento l'arma si aprì a diventare uno scudo.
Dimitri premette il grilletto. Il suo colpò si mosse lentamente, sfuggendo dal bossolo in un attimo infinitamente dilatato, attraversando le barriere a vuoto del silenziatore e correndo sull'aria verso un preciso punto vuoto di fronte alla difesa di Vatslava. Quel vuoto si riempì di un'esplosione di rosso.

Dimitri gridò.

Vatslava gridò.

Dimitri sentì Dalia gridare.

Davanti alla Sika una sagoma tracciata da sangue sospeso nell'aria gridava.

“È finita Vassilij.”
Lo scudo della donna divenne una spada, che attraversò la figura di sangue scomparendovi all'interno, ed aggiungendo nuovo colore ai suoi contorni.

Poi la sagoma fu quella di un uomo, e quest'uomo indossava la maschera di un Sika.

Dopo un Silenzio vuoto, Vatslava parlò di nuovo.
“La missione è conclusa. L'obiettivo è morto. Torniamo a casa.”

3 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

alcune parti di questo capitolo mi soddisfano particolarmente. enjoy

Jager_Master ha detto...

devo rileggerlo. cmq molto curato, molto bello. veramente.
il casino è continuare, ora. con le due parti separate.

vedremo.

Matteo Piovanelli ha detto...

vabbè, basterebbe fare un capitolo con il resto dello svolgimento della missione del gruppo.