Conrad il druido - 7 (Il consiglio druidico)

Author: Jager_Master / Etichette: ,

Conrad entrò, inconsapevole del proprio inseguitore, all’oscuro di cosa stesse facendo il suo fido Chek, mentalmente aperto e pronto al nuovo Consiglio Druidico della Seconda Era, Anno 3222.

Entrò nel cerchio, e s’incamminò per il pendio scosceso che portava alla rupe centrale, dove già lo stavano aspettando molti dei suoi vecchi amici e colleghi. Il sentiero ciottolato scendeva ripidamente, quasi a strapiombo. Aggrappandosi ai rami con le grosse mani, Conrad si fece strada, aggregandosi poco più avanti ad un paio di druidi, anch’essi sulla stessa strada, anch’essi che scendevano pian piano tenendosi a rami ed arbusti. Due umani, a prima vista decisamente giovanili. Non li conosceva, né mai li aveva visti in tutta la sua vita, ma c’è da aggiungere che sono anche numerosi i druidi che ogni anno si accingono ad entrare nel consiglio druidico, e non è raro trovare molti visi nuovi assieme a quelli già conosciuti.

Li salutò educatamente, ed essi risposero al saluto, voltandosi nella discesa per sorridere al nuovo compagno. Poi ritornarono alla discesa, attenti a dove poggiavano i piedi.

Sbrigate le formalità, anche Conrad si concentrò sulla strada, calcolando che da quel punto mancava non più di mezz’ora di cammino per arrivare alla rupe.

La discesa terminava su una pianura, con rari alberi sparsi nelle vicinanze e una folta foresta in lontananza. Oltre quella foresta, sbucava all’orizzonte una punta di roccia, la cosiddetta Rupe del Consiglio, dove ogni 27° luna dell’anno si teneva il Consiglio Druidico.

Terminata la discesa, Conrad si concesse un morso di mela, e si sedette. Gli umani non si voltarono nemmeno, e iniziarono la passeggiata lungo la radura, come niente fosse. Strane bestie gli umani, pensò il mezz’orco: vivono in comunità, fondano paesi e castelli, ma non sanno vivere in società. Si azzuffano per poco pane e si dichiarano amore eterno. Morirebbero per una donna, ma fuggono di fronte al dolore. Studiano e imparano come pochi altri al mondo, ma scordano le principali regole di vita, come questi giovani druidi.

Ma avranno tempo per scoprirlo. O meglio, sorrise fra se Conrad, lo scopriranno fra poche ore.

Si alzò, e seguì in lontananza i due giovani umani, che confabulavano animatamente, ampliando la discussione con vaghi gesti e risa sguaiate. Un atteggiamento tipico dei giovani, pensò Conrad. Da quel momento non gli prestò più molta attenzione, aveva altro a cui pensare.

Viaggiavano a circa mezzo miglio di distanza, ora. I giovani a passo veloce, Conrad che lentamente perdeva distanza dai due. Ma non aveva fretta, aveva bene in mente i tempi giusti, e si concesse di vagare col pensiero, annusando l’aria che si stava scaldando ai raggi del sole. Era sempre contento di partecipare al Consiglio, perché aveva anche l’occasione di passare per questi luoghi, dove piede…umano non poggiava quasi mai. L’erba era alta fino alle ginocchia, lucente e precisa nei milioni di fili verdi tutti paralleli uno all’altro, lanciati verso il cielo, come soldati ritti all’adunata. Anche gli alberi sembrava godessero di questa pace, aperti al sole e rigogliosi fin nel più piccolo ramo.

Chissà per quanto, pensò. E subito un’aura scura gli coprì la mente, rigettandolo in più cupi pensieri.

Rialzò la testa qualche minuto dopo, quando la volta degli alberi che circondavano la rupe gli aprirono la vista sul pezzo di roccia più imponente che occhio umano abbia mai visto.

Lanciata al cielo, quasi volesse staccarsi da terra, la rupe si stagliava oltre gli alberi, grigia come il manto del lupo della neve, scolpita che sembrava opera d’uomo. E invece era opera della Natura, che come ben si sa, ha mano certamente più capace e saggia. Superava i trecento piedi d’altezza, e solo tramite un’arrampicata laterale, si poteva raggiungerne la cima.

Osservò la punta della Rupe, parandosi gli occhi dal sole con la tozza mano, poi si diresse verso gli amici, che come ogni anno gli stavano venendo incontro.

Tese mani, abbracciò spalle forti, parlò a visi saggi e potenti. Ed ogni volta era come respirare aria nuova, come mettere il naso nella più grande biblioteca che si conosca, annusando la polvere dei libri antichi. Un brivido di immortalità e potenza invadeva le vene, e si sentiva più forte. Più felice. Più tutto.

In particolare, fu lieto di abbracciare Thof, un Minotauro dall’aria sognante. Era il guardiano del circolo, l’unico che durante l’anno viveva nel territorio druidico, ma non era un druido. Il suo compito era quello di tenere in ordine la rupe e tutti i boschi del circondario, nell’attesa dell’anno nuovo e di un nuovo consiglio.

Era un po’ (possiamo dirlo, non ne avrà a male) il passatempo preferito di ogni druido. Parlava poco e capiva ancora meno, ma era di una simpatia rara. Metteva allegria ad ognuno dei partecipanti al circolo, ed era un vero e proprio portento soprattutto con lo zufolo.

Lo trovò, come sempre, seduto ai piedi della rupe, con un nugolo di druidi attorno. E tutti battevano le mani mentre Thof soffiava deciso nello strumento a fiato, dandosi il tempo col piede e saltellando come un giullare. Suonava e suonava finché gli spettatori non si stufavano. Fosse stato per lui avrebbe suonato per giorni, non si stancava mai.

Conrad si fece strada fra la piccola folla di spettatori, e attese che Thof finisse il suo pezzo, che fra l’altro era il preferito del mezz’orco: “Ballata dell’unicorno” era il titolo dato dal Minotauro, e Conrad la trovava irresistibile.

Ascoltò paziente, quasi sognante, dopodiché approfittò della pausa nel finire della canzone, e si avvicinò a Thof.

“Thof, vecchio furfante, non mi saluti?”
Il Minotauro spostò lo sguardo in direzione della voce e si aprì ad un largo sorriso quando riconobbe Conrad. Posò lo zufolo e lo abbracciò calorosamente.

“Thof felice, Conrad. Bene?”

“Si, sto bene”, rispose il druido, sempre più felice di abbracciare il vecchio amico. “Me la risuoni, Thof? Ne ho sentita solo metà”.

“Sicuro” disse il suonatore, e si voltò per riprendere in tutta foga il suo strumento. Diede tre colpi a terra con lo zoccolo, e ricominciò la ballata. Questa volta anche Conrad si unì agli applausi, e accompagnò con essi tutta la canzone, dando il tempo alla melodia.

Era invecchiato, Thof, si vedeva. I suoi due metri di altezza non nascondevano i segni della vecchiaia, e qualche cicatrice rivelava che non aveva passato un anno tranquillo. Osservando le poderose braccia del Minotauro, però, Conrad capì che anche chi gli aveva fatto quelle cicatrici era probabile che non lo avesse raccontato a molta gente.

Passarono le ore, accompagnate dalla favolosa musica di Thof e giunse il crepuscolo. Con esso arrivarono anche tutti i ritardatari. Ora i druidi erano quasi quattrocento, provenienti da mezzo mondo, o forse dal mondo intero. Qualcuno aveva viaggiato per giorni, altri per settimane. Ma ognuno aveva negli occhi la stessa voglia e la stessa forza di partecipare a questo raduno.

I tre Fuochi del Consiglio vennero accesi, grazie anche al lavoro di Thof che aveva accumulato legna abbondante in tre grossi mucchi. Legna sufficiente per tenere accesi gli enormi falò per una settimana almeno. Il più grosso venne acceso in cima alla rupe, e da quel momento la luce nel cielo segnalò l’inizio dell’evento più importante dell’anno. Almeno per questi boschi.

I visi di tutti i druidi erano in quell’ora rivolti all’insù, rapiti dalle fiamme che si lanciavano al cielo, spezzando il blu della notte in rivoli rossi e gialli. Lo spettacolo era maestoso, da togliere il fiato. Sembrava che il Dio della Terra dovesse uscire da un momento all’altro da quella rupe, a poggiare la sua mano su ogni cosa sottostante, spalleggiato da quelle fiamme incredibili che bruciavano la roccia.

E in effetti, qualcosa di molto simile accadde.

La cerimonia iniziò, e dalla cima della rupe apparve la figura che tutti i druidi stavano aspettando: l’ombra nera si stagliò sulla punta, spaventosa quanto meravigliosa con quei rivoli di fuoco che coprivano lo sfondo e saettavano ovunque, frastagliandone la sagoma.

Ogni druido in quel momento abbassò il capo, inginocchiandosi al Maestro, che per i giorni a seguire avrebbe condotto i fratelli durante tutto il Consiglio. Anche i due giovani uomini erano a capo chino, lontani da quella figura nera, che forse non avevano ancora riconosciuto.

Da lassù, Conrad aprì le braccia, stupendosi come ogni anno di quanto fosse piccolo il mondo, guardandolo dall’alto.

7 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

uuuh

The_Dreamer ha detto...

Tamarria a mille

Jager_Master ha detto...

si, sta cominciando a diventare più importante di quello che si credeva, sto orco.

cmq.

poet mi dice che vorrebbe fare conrad 8 ma su altro personaggio (o eventi) da collegarci poi.
per me no prob...

Matteo Piovanelli ha detto...

io posso fare un flashback di cose successe ai consigli passati, con sbronze colossali e suicidi dovuti ad allucinogeni?

Jager_Master ha detto...

sinceramente puoi far quel cazzo che vuoi. è nel senso di questo blog...

Matteo Piovanelli ha detto...

antipatico

Jager_Master ha detto...

guarda che non era criticosa, la cosa.
fai davvero come vuoi, è bello x questo che si scriva assieme, e il gioco sta nel continuare dove l'altro ha finito, senza sputtanare la storia.
se hai idee, mettile per iscritto e "giochiamo".

ps
se ti mettessi su msn, faremmo molta meno fatica a insultarci. coglione.