Conrad il druido - 8 (Il consiglio druidico)

Author: Jager_Master / Etichette: ,

“Fratelli carissimi”. E si fermò, lo sguardo calato a quella radura, con centinaia di facce all’insù, nel silenzio più profondo, interrotto solo dallo scoppiettare della legna fra le fiamme.

“E’ una gioia immensa rivedervi tutti, anche se questa volta il nostro compito è più gravoso che mai”.

La voce giungeva a molti passi sotto di lui, chiara e limpida. Il canalone ventoso portava un effetto strano, quasi amplificato, tanto che chiunque parlasse da lassù sembrava fosse a distanza per porgerti la mano. Eppure la figura di Conrad, osservando dalla radura, non era che una sagoma frastagliata. Ma nessuno ci fece caso, era la normalità di ogni consiglio, e la rupe regalava anche di queste cose (non era da escludere, peraltro, che una parte di questo riverbero sonoro fosse opera di Conrad stesso).

“La natura” - continuò il Maestro - “ci ha dato un ultimatum, al quale dobbiamo rispondere. E in breve tempo. Tutti voi siete a conoscenza di ciò che le creature di questo mondo, e l’uomo in testa, stanno causando a questi boschi, a queste montagne”.

Si, lo sapevano. I due giovani druidi, laggiù, abbassarono un po’ il capo, come caricandosi di parziale vergogna.

“La foresta del Sud, lo sapete, è quasi sparita. I ceppi nudi sono a perdita d’occhio e campi coltivati nascono dove prima era solo pascolo di cervi. La cascata del Nivrot è stata deviata, e tutti i Boschi Neri, anche quelli più antichi, stanno morendo senz’acqua. La pazzia dell’uomo e la crescita indisciplinata di ogni nuova città seminano morte e distruzione senza che nessun nuovo albero venga piantato e senza il rispetto di ogni forma di vita animale. Invece di spostarsi in funzione dei fiumi, sono gli stessi ad essere deviati per giovare all’uomo.”

Un sommesso brusio di consenso serpeggiò nella folla. Conrad stava dicendo verità assolute.

“La soluzione, fratelli miei, non è però immediata o scontata. L’uomo è nato per dominare, lo sapete tutti. Quello che però nemmeno loro sanno, è che ci sono regole alle quali tutti dobbiamo sottostare, anche noi druidi. Le sanzioni, altrimenti, saranno durissime, e nessun druido di questa Terra potrà mai opporvisi. Sta a noi insegnare tutto questo, diffondere il sentimento di pericolo che incombe su queste pianure e di rispetto nella madre di tutti gli esseri che vivono sopra e sotto le acque. Ma vi esorto. Vi esorto tutti…”

Molti druidi sgranarono ancora di più gli occhi. Alcuni fra i lucertoloidi, padroni di una miglior vista, registrarono un Conrad a pugni racchiusi, quasi contrito.

“…vi esorto dal profondo nel cuore. Ogni decisione va portata avanti, ma non in modo violento. L’uomo deve essere educato, non costretto, a meno di essere alle strette. Chi è educato, rispetterà per sempre, chi è stato costretto rispetterà le decisioni prese per la propria generazione, in attesa che antichi problemi risorgano con i figli dei figli, e noi stessi dovremo ricombattere la stessa battaglia fra cent’anni. La mia proposta, fratelli, è di decidere oggi i tempi per cambiare questo Mondo, e di farlo con il benestare dell’uomo, non con il suo capo chino. Il consiglio, da ora, prende la parola”.

Indietreggiò, e sparì alla vista dei druidi.

Ora, la parola passava al Consiglio. Dieci dei druidi più anziani avrebbero avuto parola, ed a semicerchio lo fecero discutendo per tutta la notte. I restanti druidi ascoltarono in silenzio, come spettatori ad uno spettacolo in piazza. Furono sviscerati i pro e i contro della collaborazione con l’uomo, furono fatte previsioni da qui a cent’anni, gli alberi quasi contati uno a uno. Addirittura si arrivò a discutere della prole degli scoiattoli, in un caso o nell’altro, e non si venne a capo quasi di nulla. Buona parte dei druidi, soprattutto dei più giovani, propendeva per un giro di vite, una costrizione, un periodo di magra per l’uomo che fosse da monito e da lezione.

Conrad osservava dalla sua seggiola, leggermente discostato dal semicerchio druidico. Immerso nei suoi pensieri ascoltava parte delle parole e della discussione, per poi rimuginare le conseguenze nella propria testa. Di tanto in tanto spostava lo sguardo alla folla alla sua destra. Centinaia di druidi di tutte le razze e di tutte le nazioni annuiva o bofonchiava ad ogni parola che usciva dal semicerchio, ed egli stesso leggeva negli occhi una rabbia furibonda. Alcuni dei più giovani torturavano fra le mani legnetti e fili d’erba intrecciati, quasi a scaricare una violenza repressa. Capì fin da subito che il suo parere, per quanto autorevole, non era condiviso all’unanimità, anzi.

Una parte del consiglio, invece, propendeva per un’educazione basilare nei confronti dell’umanità: leggi severe e precise sulle coltivazioni e sui disboscamenti, una recinzione meno costrittiva per l’uomo, più lenta nel portare risultati ma migliore per le conseguenze nel lungo periodo. Ma anche qui i più facinorosi opposero resistenza, obiettando che l’arroganza dell’uomo ormai non permetteva più nessun tipo di tolleranza, e che i tempi erano tali da pretendere risultati immediati.

Insomma, non se ne veniva a capo. Tanto che i toni, sempre sommessi in questo tipo di Consiglio, si accesero in poche ore: alcuni fra i druidi-spettatori si alzarono a turno per chiedere brevemente parola, sottoponendo agli anziani punti di vista sempre differenti, a volte opposti rispetto a quello che magari era appena stato discusso, rimettendo in campo le stesse carte con un’angolazione diversa.

Tutto ciò è molto costruttivo, analizzò il Maestro nella sua testa, ma non avrebbe portato ad una soluzione pacifica, se alcuni punti fermi non fossero stati accettati da entrambe le parti.

Thof gli passò accanto, leggero e quasi comico nella sua mole, ma rispettoso di un rituale che non lo vedeva partecipante: aveva sotto il braccio una grossa fascina, legata alla bene e meglio. La pose (non la buttò) accanto al fuoco, e cominciò a distribuire i grandi pezzi di tronco lungo l’arco del falò, con una precisione da fuochista che incantò Conrad. Sembrava che Thof volesse essere invisibile, come un’ombra, un’ombra di due metri in verità, o un maggiordomo di grande esperienza.

Si incantò qualche minuto nell’osservare il Minotauro che continuava la sua opera di alimentazione, perdendosi con lo sguardo nel crepitare delle fiamme. Poi si risvegliò dal torpore, drizzò la schiena e alzò una mano.

Quasi tutti si voltarono, e pochi istanti dopo le voci cessarono una dopo l’altra.

Conrad si alzò e fece qualche passo, fino ad entrare nel semicerchio dei saggi, anch’essi voltati ad osservare i movimenti del Maestro.

“Per oggi credo si sia detto molto, forse troppo. Vi chiedo di andare a riposarvi qualche ora, nell’attesa di continuare questa discussione domani mattina, sperando che il molto o il troppo si trasformino in stretto necessario. Perché è questo quello che serve, in realtà, non un’accozzaglia di voci e grida”. Il suo sottile messaggio arrivò a bersaglio, e molti druidi tolsero lo sguardo dal maestro.

“Riflettete tutti questa notte. È importante, anzi…vitale, che un’intesa venga trovata in questo Consiglio, e che anche le distanze maggiori vengano colmate. E in fretta. Vi auguro un sonno chiarificatore”. Detto questo si voltò, e scese dal soppalco che sovrastava il prato del consiglio. Si diresse nella boscaglia, seguito con lo sguardo da Thof e da quasi tutti i druidi.

Sparito il Maestro, la folla si diradò in rigoroso silenzio. Tutti i druidi presero congedo per andare a riposarsi, chi nella boscaglia, chi seduto su una roccia, chi in un letto di foglie.

Giusto per la cronaca, vi rivelo che fra i tanti, ci fu anche un druido di razza draconica, che decise di riposarsi lassù, in cima alla rupe. Nessuno, tranne Thof, se ne accorse. Aprì le possenti ali e si librò alto, e in pochi battiti atterrò fianco al fuoco.

Naturalmente non si poteva, ma Thof che era di cuore buono, salì lassù, con la sua brava fascina sotto il braccio. Lo vide, questo giovane drago. Lo vide sonnecchiare fianco al fuoco, forse inconscio della bravata.

“Scendi, ragazzo” disse sottovoce il Minotauro.

Il drago si voltò di soprassalto, colpito da quella voce profonda. Credendo di essere solo, si trovò sprovvisto di parole per giustificarsi.

“Io…” disse, prima di essere interrotto.

“Scendi. Thof no spia”.

Il draghetto rimase in silenzio qualche attimo, poi capì. “Si, grazie”, disse soltanto e in un battito d’ali sparì nella notte, per ridiscende a più consoni livelli.

Thof dall’alto lo guardò, finchè la notte e la vista non glielo nascosero.

Poi sorrise divertito, prese la fascina con il braccio nodoso e la gettò nel fuoco, che rispose vigoroso.

Stette un attimo ad annusare la notte, zufolando qualche nota. Giusto pochi minuti, prima di tornare al lavoro.

Conrad, laggiù nella boscaglia, mosse il capo ritmicamente, senza aprire gli occhi. “La ballata dell’Unicorno”, sussurrò a se stesso. E ne rise sollevato.

1 commenti:

Jager_Master ha detto...

la parte del drago è da intendersi col punto interrogativo.
pensavo a riproporre il personaggio + avanti, oppure di eliminare totalmente il pezzo nel caso debba restare un pezzo isolato (anche xche così, tanto per, non vale la pena lasciarlo credo. non ha molto senso fine a se stesso).

che dite?