Junkie

Author: Matteo Piovanelli / Etichette: ,

Essere un paria non è male, se si hanno le sostanze giuste.
SiHead lo sa.
Essere un paria è il paradiso, se ti pagano perché tu abbia le sostanze giuste.
SiHead ne gode.

Esci di casa, fatti degli amici, sei uno sfigato, testa di silicio.
Parole da un milione di anni prima. Ma già in quel medio evo, lui sapeva. E così prese a correre, per prendere le sue distanze. Ma non correva sulla strada, lui, correva sui manuali. E correndo è arrivato in quella stanza, nel complesso Hitachi. Una stanza che puzza di arance e Marlboro, come la vecchia California della celluloide (non avete letto Gordon Legge, immagino?). Solo schermi e led lampeggianti illuminano il letto spoglio, un materasso su una rete. Un robot mandato dai capi, giù in quell'Oriente così estremo che ci si arriva andando ad ovest, mantiene l'igiene sopra livelli pericolosi.
Dallo stesso posto arriva tutta l'elettronica che ingolfa quella stanza del seminterrato. Roba che non si trova in nessun negozio. La prima scelta, la massima qualità. Tutto solo per SiHead, perché lui sogni. E ancora ci mette le mani per renderla più forte: ci fa la sua magia, e poi gli arriva qualcosa di nuovo, perché la sua sostanza continui a colargli nel cervello. E non solo: la stanza è la più grande del complesso, e dentro SiHead ci tiene di fatto una fab per processarsi tutta l'elettronica che gli serve: da Tokyo gli mandano la materia prima, e lui pensa al resto. Non ce ne sono tanti in giro come lui.

Ma cosa fa SiHead?
Secondo qualcuno, magari, è solo un runner. Un emarginato, perché si è venduto anima e corpo alla Hitachi. Loro hanno lui, e lui ha quello che sa fare col deck. Quello che ha bisogno di fare col deck.
Molti lo definirebbero deck-junkie, un drogato del cyberspazio, perché quella è tutta la sua vita, e nient'altro. E fuori delle griglie colorate della non-realtà lui si sente niente e nessuno, e pensa solo al momento in cui tornerà nel niente sintetico.
Secondo quelli dell'Hitachi, è una risorsa: uno dei migliori runner in circolazione, completamente ossessionato dal progetto su cui l'hanno messo.

Per spiegarvi cos'è questo progetto, devo passare da altro.
È difficile, ma provate ad immaginare l'immensa mole di dati che approda sulle nostre retine in un secondo di navigazione. Con uno sguardo potete raccogliere tutto ciò che la vostra banca sa su di voi, e tutto quello che voi potete fare con la banca, ed intanto stato seduti ad un tavolo da tè con cinque amici, ognuno dei quali appare in maniera completamente diversa, in una stanza i cui poster sono animazioni interattive della band che vi piace in quel periodo. E questo se non vi impegnate.
Non voglio diventare troppo tecnico, ma questo è possibile perché queste informazioni arrivano come segnali tutti in contemporanea, differenziati in frequenza e fase. Se non è chiaro fidatevi.
Possono esistere infinite diverse combinazioni per passare dati nel cyberspazio, ma agli inizi se ne sono scelte alcune, in maniera che fossero tutti d'accordo, perché se io trasmetto in un modo che tu non puoi ricevere, e viceversa, la Rete diventa inutile (di fatto smetterebbe di esistere). È come con una radio: le stazioni trasmettono su frequenze diverse, e voi scegliete quella che ascoltate. Per la Rete è già stato scelto su quali frequenze ascolterete, ma potete scegliere il programma.
Non c'è nulla di fisico, però, che vieti diverse frequenze e fasi, ed infatti i militari e le Megacorp hanno delle specie di cyberspazi “privati” basati su questo, dove (l'avverbio di luogo è improprio, ma questa lingua è nata da troppo per essere adeguata) i loro dati sono al sicuro da chiunque abbia dei deck convenzionali. Nel “nostro” cyberspazio ci sono i bruscolini: informazioni per lo più false messe lì come specchietto per le allodole, o pubblicità e rumor utili ai loro fini.
Non è complicato ritoccare i deck commerciali, ma se non lo sapete già fare, per il vostro bene è meglio che non ve lo insegni, o finirebbe che mammina dovrebbe pulire le cervella che sono colate fuori dalle orecchie. Non siete il FlatLine, e non provatevi ad emularlo.

Arriviamo al progetto di SiHead.
SiHead lavora su uno di questi cyberspazi. Uno privato della Hitachi. Quello che deve fare è entrare ripetutamente nei loro archivi, sfondando i loro firewall e qualsiasi protezione possano mettere. Lui non lo sa, ma gli I.C.E. lì sono fatti in maniera da dargli una scossa senza ucciderlo. Non si buttano le risorse ancora utilizzabili. Un'altra cosa che fa è testare i deck che gli mandano, e se possibile migliorarli. Se pensate che la legge di Moore significhi qualcosa in questo settore, potete scordarvelo, perché perdere tempo a starle dietro significa morte aziendale sicura.
Una cosa che SiHead sa è che ogni volta le protezioni degli archivi sono simili alla volta precedente, ma non identiche: una I.C.E.-mine è proprio sulla porta che aveva sfruttato, o la porta non esiste affatto. E ogni volta ci va un po' di più a trovare una strada sicura: ce l'ha sempre fatta, senza essere mai fritto. È convinto che loro non lo sappiano, ma lui sta scrivendo e migliorando ogni volta un programma che lo aiuti a passare illeso. Ovviamente lo sanno.
E ovviamente lui non sa che le protezioni sono un firewall adattivo, che ogni volta impara dai propri fallimenti e si migliora. Qualcuno pensa che della sinergia tra il programma di SiHead e questo firewall possa venire fuori un'intelligenza artificiale, visto che di fatto i due stanno giocando al gatto e al topo, ed ogni partita causa un salto evolutivo. Il programma di SiHead ha il vantaggio che oltre alle euristiche ha un runner sulle spalle ad insegnare, per cui fin qui ha sempre vinto. E non è un runner qualunque: a quattordici anni, se non fosse fottutamente asociale, si sarebbe potuto sedere al tavolo dei cowboy, e pretendere gli pagassero da bere.

Domanda: a che cosa ci porta tutto ciò?
Niente. Niente di niente. I capoccioni all'Hitachi al momento non sanno che farsene di quell'intelligenza artificiale. Nessuno in effetti è sicuro che una vera intelligenza artificiale possa sorgere da un processo simile. Stanno provando per vedere che succede, e nel frattempo migliorano le protezioni dei loro mainframe. Ricerca pura incidentalmente al servizio di un fine, se vogliamo.

Questo mi ricorda un poco di come sono nate le prime neurointerfacce, ed il primo I.C.E.. La prossima volta che mi paghi da bere, ragazzino, magari ti racconto quella di storia.

8 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

con tante scuse al poeta e a william gibson

The_Dreamer ha detto...

mi-piace-tantissimo!
e il linguaggio, anche se meno articolato di quello di gibson (ma comunque più articolato del mio) lo trovo azzeccatissimo!

Adesso manca un terzo e magari un quarto personaggio...io avevo in mente un'agente della Turing (e di conseguenza nel racconto dovrà entrare un'IA). Suggerimenti o critiche?

Matteo Piovanelli ha detto...

articolato come gibson non posso neppure se mi impegno, mi sa, a meno i venire colpito con forza dalla martellata di una musa (ed intendo proprio le figure mitologiche, non persone da cui trarre con finzione poetica ispirazione). Il linguaggio sembra azzeccato perchè sono ingegnere, e inventare menate pseudotecnologiche è il mio pane quotidiano.

Personaggi si possono tranquillamente usare quelli del complesso residenziale, che per come l'avevo penssato io esisteva in una dimensione cyberpunk. E c'è già anche un corriere in bicicletta, un ricco figlio di papà, ed una tipa con un conto alla rovescia sulla testa. Ah, e un assassino mutaforma, che può essere senza difficoltà integrato nell'insieme tirando in ballo progetti militari top-secret. Aggiungere sale e pepe a seconda dei gusti e servire.

The_Dreamer ha detto...

mazza....già che ci sei ripesca il vecchio corteo di militari pseudo-russi da Esperia...e magari anche un paio di sika

Matteo Piovanelli ha detto...

no, beh.
Però non c'è niente nel complesso residenziale che vada contro un'ambientazione cyberpunk, quindi ognuno di quei racconti può essere sfruttato come spunto.

Jager_Master ha detto...

concordo con l'ultima cosa del bovaz.

puntualizzo il mio pensiero:

- il complesso è...davvero complesso. Fino a che vogliamo, ci incastriamo di tutto. Eviterei falsi storici (draghi viola + cyberpunk + elfi con i roller): ormai una pseudo ambientazione temporale c'è. rispettiamola.

- di mio evito il cyberpunkismo per inadeguatezze culturali e tecniche varie. Lascio a voi sviluppare questi..."capitoli".

- mi piacerebbe cominciare ad unire alcuni tratti. (vedi terzo commento del bovaz: i personaggi cominciano ad esserci). Direi di aggiungerci ancora qualcuno, e poi a montare una specie di storia che colleghi qualcosa. o no?

- occhio a toccare il mio assicuratore transformer. Vi ammazzo tutti.

Matteo Piovanelli ha detto...

"mi piacerebbe cominciare ad unire alcuni tratti. (vedi terzo commento del bovaz: i personaggi cominciano ad esserci). Direi di aggiungerci ancora qualcuno, e poi a montare una specie di storia che colleghi qualcosa. o no?"

non vorrei mai che diventasse una di quelle commedie all'italiana di banfi&co.

a parte questo, io ci sto.

Jager_Master ha detto...

se mi promettete che ci schiaffiamo anche gerry calà, mi faccio suora. promettetelo!