Capitolo 3: Dimitri.

Author: Matteo Piovanelli / Etichette: ,

L'urlo della sirena squarciò la notte, e il Silenzio si ritrasse come ferito.
Dimitri era già sveglio, disteso sotto le coperte a fissare le forme che il suo fiato tracciava prima di disperdersi nell'aria fredda.
Lentamente, quasi con timidezza, il Silenzio tornò a prendere possesso della notte, coprendo l'eco innaturale della sirena, di quel suono che non sarebbe mai dovuto essere.
Anche quella notte il cecchino non era riuscito ad addormentarsi, come sempre prima di una missione. Come sempre prima di una missione aveva rivissuto gli istanti della sua prima missione, quegli attimi in cui aveva premuto il grilletto e visto cadere Maximilian Korolev, padre di due figli ed una bambina, marito di Susanna, ma colpevole di aver venduto dati tecnici al nemico.
Dopo quella volta si era fatto un punto d'onore nel conoscere il meno possibile dei suoi bersagli. I superiori avevano accettato questa presa di posizione, non dando a vedere di badarci affatto.
Scostate le coperte si mise a sedere, nella pallida luce che entrava dai doppi vetri della finestra.
Il bossolo di Maximilian era sul comodino, un semplice suppellettile nel meticoloso disordine della stanza.
Dimitri si alzò, muovendosi a memoria fino all'armadio. Dentro c'era la sua divisa. La indossò, tutti e tre gli strati che dovevano garantirgli un completo isolamento dal rigido ambiente di Esperia.
Nel frattempo la sirena si lamentò ancora, sorprendendo il Silenzio della stanza del cecchino. Questa volta l'orribile ululato si ripetè due volte.
L'uomo lo ignorò, riportando la sua attenzione sul bossolo di Maximilian. Si baciò il polso sinistro: sotto gli strati che dovevano isolarlo dal mondo c'era il tatuaggio di una zampa di coniglio, il suo portafortuna.
Poi prese quel ricordo della prima missione e lo mise nel taschino sul cuore, dove era sempre stato dopo quel giorno.
Dalia, il suo fucile lo attendeva nella cassapanca in fondo al letto. Dimitri lo montò rapidamente, con gesti precisi guidati dall'esperienza di ore passate a farlo.
Al terzo grido della sirena Dimitri era fuori, nel gelo, ed aveva indossato la maschera del Dimitri che tutti conoscevano, una maschera che anche il cecchino aveva imparato a conoscere e a fare sua.
Quando, dopo pochi attimi di attesa, passò la camionetta corazzata, l'uomo che saltò sul cassone sorrideva per nulla indispettito dal gelo che lo circondava. Nonostante questo non mancò di lamentarsi sonoramente: “Lavoriamo proprio su un diavolo di sasso dimenticato da Dio.”
Il vecchio Nikolaj sorrise del suo commento annuendo, seduto vicino alla cabina di guida. Mentre facevano il giro a raccogliere gli altri membri del gruppo non smise mai di tamburellare le dita sulla sua arma gigantesca.
Nell'ordine salirono Ivan e Yuri. Per tutto il tragitto Dimitri si lamentò ad ogni scossone, mostrandosi allegro, o perlomeno rilassato.
L'ultimo a salire a bordo fu il caporale Sergej Ciolkovskij.


La guerra civile in corso aveva dato al gruppo fin troppo lavoro.
Era a questo che pensava Dimitri, mentre si lamentava per i continui scossoni che doveva sopportare dalla sua posizione sul cassone. E pensare che qualche anno prima dei visionari avevano pronosticato la fine di ogni ostilità.
C'erano state le armi di distruzione di massa, le vetuste armi nucleari che polverizzavano tutto e rendevano una zona inabitabile per anni.
Poi qualcuno aveva pensato che fosse più utile uccidere senza distruggere, ed erano nate le prime armi di uccisione di massa: bombe piene di microrobot che avevano il solo scopo di disintegrare qualunque forma di vita, per poi disattivarsi e diventare innocue nel giro di pochi giorni, se non ore.
Ma ormai tutti i corpi armati avevano in dotazione dei nanocontrollori che rendevano inefficaci quei minuscoli assassini tramite impulsi elettromagnetici.
Quindi si era tornati indietro, ai vecchi metodi per fare la guerra. Si era tornati ad usare gli uomini per uccidere altri uomini, perchè in fondo nient'altro lo sapeva fare così bene.
Uomini come i membri delle squadre di epurazione che stavano bruciando dei cadaveri ai margini della strada. Nessuna macchina avrebbe mai potuto fornire un'immagine così agghiacciante ed in grado di rappresentare così completamente cosa era l'uomo.


L'urlo del suo caporale riposrtò bruscamente la sua attenzione alla situazione attuale. Un istante dopo tutto si fece nero.


Rialzando il capo, Dimitri provò a guardarsi intorno, ma il fischio nelle sue orecchie lo rendeva cieco.
Poi sentì degli spari, delle grida. Un'imboscata. Questo lo spinse a gettare la sua maschera.
“Sono l'incarnazione del Silenzio. Sono l'incarnazione del Silenzio.” Nella sua mente continuò a ripetersi il suo mantra speciale, mentre preparava il fucile. Ci fu un click quando impostò la sua arma in modalità raffica breve, ma il cecchino dubitava che se si fosse messo ad urlare qualcuno l'avrebbe sentito.
Nikolaj attivò la sua vulcan. Dimitri riconobbe il cambio nel tono degli spari. Si spostò sul lato del cassone da cui sentiva provenire i colpi amici, e prese a giudicare la situazione. Decise che per il momento sarebbe rimasto accovacciato, nascosto, per coprire le spalle dei compagni da nuove sorprese. Rimise Dalia nella modalità colpo singolo, quella che preferiva.
Esplose una granata, poi subito dopo esplose il Silenzio.
Il Silenzio, che era stato messo in fuga dalle sporche armi degli uomini, tornò a reclamare l'aria che era sua di diritto. I passi dei compagni di Dimitri non potevano competere con l'ampiezza di quel Silenzio.
Un movimento. Un cadavere si rialzò dal mucchio dei nemci ed afferrò Sergej alle spalle. Disse qualcosa, ma il Silenzio che aveva riempito l'aria impedì al cecchino di cogliere le esatte parole.

Gli istanti successivi si distesero a durare tutta una vita, per il cecchino, come sempre in quei momenti di comunione con Dalia, in cui lui le parlava, le chiedeva di essera perfetta, la blandiva con complimenti sinceri, lei gli rispondeva, gli diceva di non preoccuparsi, che tutto sarebbe andato bene. Poi da qualche parte nella mente di lui, facevano l'amore, e quando tutto era finito l'uomo che prima era nel mirino cadeva a terra. Morto.

Distante, Dimitri sentì Dimitri urlare.
“Me ne devi una, caporale! E questa ti costerà davvero cara.”
Di nuovo la maschera.

4 commenti:

Matteo Piovanelli ha detto...

ehm...

vuà là!

Jager_Master ha detto...

bravi. il lavoro a due porta buoni risultati, a quanto vedo.

alan ha detto...

ehm bovaz.. SQUARCIò. correggi. è avvilente x tutti.

alan ha detto...

tivibbbbbì